Luca Urbani, “Parlo da solo nei centri commerciali”: recensione e streaming
Esce su tutte le piattaforme digitali Parlo da solo nei centri commerciali, il nuovo album di Luca Urbani, fuori per Gelo Dischi a distanza di due anni da “Comunque vada è successo (Volume Due)”.
Produttore, autore e musicista, già conosciuto anche per il suo ruolo nei Soerba, nei Fluon (con Andy, dei Bluevertigo) e con lo pseudonimo di Alex Biondo, Luca Urbani ci presenta questo nuovo album, in cui ha collaborato anche con Panella e Morgan. Un album sulla solitudine e l’amore, che a volte sono la stessa cosa, già anticipato dal singolo La condivisione.
Luca Urbani traccia per traccia
Chitarra acustica e synth si occupano dell’apertura di Un Mondo Ostile, che parla delle capacità magiche, ma non necessariamente positive, dell’immaginazione. Le spire elettroniche avvolgono un mondo vecchio e, appunto, ostile, anche se espresso senza aggressività.
Ecco poi La Condivisione, già presentata come singolo, che si muove con cautela sul margine della negazione della realtà. Le sonorità sintetiche si fanno più variegate e conflittuali, senza increspare la superficie malinconica del brano.
Una maggiore delicatezza emerge da La tua impronta, che affresca di colori diversi l’atmosfera, allargando respiro e orizzonti: il primo brano dei tre firmati da Panella e Morgan, non a caso, fa pensare immediatamente alla produzione dell’ultimo Battisti.
Molto più determinato il beat di Ultima Chance, con Pietro Lafiandra, che segue contorni di dolore mentre si allinea su idee decisamente dark wave. Che poi non esiste si costruisce gradualmente fino a un parossismo elettronico piuttosto trascinante.
L’odore del gasolio, il mare e tutti gli espedienti per Raggiungere la felicità si accumulano in un brano morbido ma mosso, che esprime la propria tristezza accompagnandola con una serenità rassegnata. Sono vivo è un’affermazione di carne e sangue che però si srotola come un elenco raccontato senza eccessiva passione, né sonora né vocale.
Tornano Morgan e Panella per la scrittura di Addio Addio e di Stesura, che si presentano con volti diversi ma sempre ricche di testi piuttosto surreali e spiazzanti, interpretati con intensità velata di malinconia da Urbani.
Oscura ma anche molto movimentata la situazione sonora di Può darsi, ultimo brano del disco, che si ciba di battiti e di echi, risuonando in profondità.
A partire dal titolo dell’album, Luca Urbani ci mette faccia a faccia con concetti di solitudine, malinconia e nostalgia assortiti. Ma entrando nel disco queste realtà si confrontano con noi senza per forza voler provocare dolore. Anzi c’è una certa consapevolezza zen dell’inevitabile che traspare da queste tracce, vestite di elettronica ma soprattutto di accettazione.