Lucio Corsi, “Volevo essere un duro”: recensione e streaming

lucio corsi

Mi sono permesso di scrivere, l’ultimo giorno dell’anno scorso, parlando della scomparsa di Paolo Benvegnù, che ha portato avanti la vita perfetta dell’artista per sempre “emergente”: per quanta qualità abbia messo sul piatto della vita (tantissima) comunque è rimasto, anche per scelta, tra le fila di chi non si esibisce sotto i fari degli stadi ma fra le luci dei club di provincia.

Poi Lucio Corsi è andato a Sanremo e in qualche modo ha mostrato che un’altra via è possibile: che Lucio sia della stessa pasta di Paolo credo che nessuno possa metterlo in dubbio, fatte le debite proporzioni e differenze. Non che fosse il primo “alternativo” a passare dal Festival, ma ne ho visti proprio pochi andarci, prendere critica e pubblico, metterli in tasca e giocarci come con i pupazzetti, come ha fatto lui.

È da oggi fuori su tutte le piattaforme digitali il nuovo album di Corsi, Volevo essere un duro (Sugar Music), intitolato come il brano sanremese e disponibile nei formati vinile e cd, in arrivo l’11 aprile. L’artista ha registrato il tutto esaurito per il Club Tour 2025, in partenza il 10 aprile, a cui seguirà il tour Estate 2025: 25 nuove date – sempre prodotte da Magellano Concerti – nei principali festival italiani che vanno ad aggiungersi agli imperdibili appuntamenti di Ippodromi 2025 a Roma e Milano (21 giugno al Rock in Roma, Ippodromo delle Capannelle e 7 settembre al Milano Summer Festival, Ippodromo Snai San Siro. Info e biglietti a questo link. Capito? Lucio Corsi all’Ippodromo, a Milano e Roma. Siamo seri?

“Volevo essere un duro” è un disco che parla di infanzia, di amicizia e di amore. È un disco di ricordi veri e falsi, di personaggi del bene e del male, di località, che esse siano prati di margherite o squallide zone industriali. Nelle forme di espressione credo che la cosa a cui si debba tendere è il cambiamento. In questo album ho cercato una trasformazione soprattutto a livello testuale, cercando di non staccare più di tanto i piedi da terra. Ho cercato di cantare in maniera chiara e diretta di persone. “Volevo essere un duro” è nato strisciando sui marciapiedi, nascondendomi negli armadi o sotto le zampe dei tavoli, girando tra i panni sporchi nelle lavatrici, appendendomi con le mollette ai capelli ai panni stesi, cercando ricordi non miei nei cappelli degli altri, cercando nuovi orizzonti nelle scarpe degli alti. Dopo circa due anni ho trovato nove canzoni diverse e le ho convinte ad andare ad abitare nello stesso palazzo. Così è nato il disco

Lucio Corsi traccia per traccia

L’apertura del disco è affidata a Tu sei il mattino, già ben nota anche grazie al video e alla colonna sonora della serie di Carlo Verdone Vita da Carlo. In qualche modo è stata questa la porta del “successo” per Lucio, che faceva le sue cose da anni, e le faceva molto bene, come conferma anche questo brano gentile, melodioso e avvolgente, con tanti piccoli dettagli narrati per raccontare un amore per la prima volta “tra la gente che non sogna“.

Si accendono poi le Sigarette, con un’atmosfera altrettanto morbida e ricca di immagini, con un pizzico di Ivan Graziani qui e là (riferimento ammesso e spesso presente). Un vizio che diventa uno scudo, una “passione” che tutti sanno nociva ma che qui si trasformano in una sorta di difesa: “Così non corro il rischio di diventar vecchio“.

Ecco poi Volevo essere un duro, tatticamente collocata alla terza posizione della tracklist: la sua narrazione antieroica evoca l’Ariston e le sue glorie ma anche le numerose storie piccole che si affollano in questa canzone. Il mondo è duro per chi ha poco amore intorno, ma alla fine anche la vita della medaglia d’oro di sputo non sembra poi così desiderabile. Invece chi cade giù dagli alberi piano piano impara a trovare soluzioni diverse. Che a volte lo portano a cantare a San Siro o giù di lì.

In sala stampa a Sanremo Lucio aveva anticipato anche Francis Delacroix, talkin’ blues un po’ dylaniano, ritratto avventuroso e beffardo di un (vero) amico fotografo, che mette in evidenza tutta la creatività e la fantasia da folletto del cantautore toscano.

E il lato B della canzone precedente è invece Let There Be Rocko, presleyana quanto Francis era in stile Dylan: ma i Maestri della musica americana sono celebrati in modo beffardo, goliardico, ironico. Questo Rocco/Rocko compagno di banco disgraziato ed elettrico, bullo figlio di spacciatori, mezzo delinquente scomparso nel mistero. Ma non c’è dramma in una storia raccontata in modo più buffo che tragico.

Si procede con i ritratti grazie a Il Re del Rave, altro personaggio indubbiamente particolare. Qui c’è un’orchestra beatlesiana a sospingere un brano che si alza in volo gradualmente. “Il Re del rave/quando mangia i funghetti/vede Gesù Cristo che vende i braccialetti“: anche le allucinazioni (tipo il Padreterno che suona una Gibson) sanno di festa di campagna, di risate fra amici, di musica sincera e gentile.

A proposito di amici: ecco poi Situazione complicata, che parla di Giulia, amore senza difetti, con cui sarebbe bello scappare in nave in Inghilterra. Ma chi sa che cosa ne pensa suo marito, quel cretino: una ballata abbastanza marinara, di fuga, di sogno, molto sentimentale (in cui fra l’altro torna Francis Delacroix, perché questo non è un disco, è un romanzo in cui tutto si tiene, ma anche un piccolo mondo).

Questa vita riporta un po’ di allegria, almeno a livello sonoro. Lucio ci racconta dei suoi poteri paranormali: “Io leggo nella mente/almeno nella mia“. I fiati sospingono un pezzo che vola a vela, con un ritmo sostenuto e un pianoforte a corollario di tutto.

C’è il pianoforte anche Nel cuore della notte, che parla anche della morte che è in giro, del caos, dei pensieri più cupi che si affollano. Qui le storie sono decisamente meno ridanciane, anche se i toni sembrano sempre quelli di una favola, ancorché molto nera.

C’è un mondo che fa schifo, là fuori, mi sembra abbastanza evidente. Eppure quando ascolti Lucio Corsi te ne dimentichi per un po’. Il disco, che era evidentemente pronto prima di Sanremo, è composto di tanti piccoli quadri che sono per lo più sfaccettature diverse di una stessa personalità, capace di strappare sorrisi in tanti modi diversi.

“Mercuriale”, si sarebbe detto un tempo, di un personaggio che sembra uscito dalle pagine di Shakespeare o di Lewis Carroll. Qualora entrambi fossero nati a Pontassieve, tipo. Perché l’afflato internazionale della musica di Corsi si coniuga in modo spettacolare con gli evidenti legami con il cantautorato italiano, trovando sempre un giusto mezzo.

Non è che Lucio non si accorga dello schifo del mondo: ne racconta in modo dettagliato, per esempio in Nel cuore della notte, non a caso lunga il doppio delle altre canzoni del disco e collocata a fine disco, come per lasciare volutamente l’amaro in bocca. Ma conosce l’arte di trasformare in piacere e gusto anche ciò che di marcio si vive e si assapora. Fosse anche soltanto per questa qualità da sola, si merita tutto il successo che sta riscuotendo. Vai avanti Lucio, mostraci ancora che un’altra via è possibile.

Genere musicale: cantautore

Pagina Instagram Lucio Corsi

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