Oltre è il nuovo album di MACE, disponibile su tutte le piattaforme digitali e in formato fisico (doppio lp e edizione doppio lp con case in tessuto, esclusiva D2C) per Island Records / Universal Music Italia. Fenomeno in assoluta ascesa e per certi versi anche unicum nel panorama complessivo della musica italiana contemporanea, MACE cerca la conferma dopo il successo, francamente incredibile nelle proporzioni, del precedente disco OBE, certificato doppio platino.
Qui la sfida è decisamente più ardua però: se nell’episodio precedente a fare da supporto c’erano stati anche i mille grandi nomi dei featuring, con Oltre si è di fronte a un disco interamente strumentale e senza i vari Salmo, Colapesce e Gemitaiz. E nemmeno il fido compagno di viaggio Venerus. Il motivo della scelta lo spiega lo stesso MACE.
Dopo il successo di OBE mi sono preso la libertà di esplorare un approccio diverso, con l’obiettivo di mettere al centro Immaginazione e Sinestesia in un modo che solo la musica strumentale è in grado fare. Pur essendo denso di ritmo ed energia, “OLTRE” è la fotografia del profondo viaggio interiore, spesso guidato da esplorazioni psichedeliche e da una contemplazione romantica della natura e della sua stessa coscienza. L’architrave del disco è la prima traccia, “Breakthrough Suite”, una suite psichedelica di 20 minuti in continuo mutamento che esplora diversi strati di realtà, il cortometraggio tradotto in musica che descrive una Out Of Body Experience attraverso decine di strumenti e impressioni sonore: dal sitar indiano all’arpa, dal violino ai synth modulari. OLTRE è un labirinto sonoro sospeso dove perdersi a occhi chiusi e con lo spirito aperto. Un Luogo altro che a volte è quiete, a volte è impeto, come la natura
MACE traccia per traccia
L’esplorazione di MACE parte dalla breakthrough suite: un decollo graduale ma verticale verso orizzonti sconosciuti, molto melodici benché diretti verso i confini della psichedelia, in quella che si configura veramente come una suite orchestrale completa e complessa, colonna sonora di un momento che cambia attimo dopo attimo.
Nell’arco del cambiamento si affrontano momenti “orientalI”, corali, elettronici, con un dettaglio di scelte sonore ottenuto soppesando nota per nota. Per certi versi il disco potrebbe anche chiudersi qui, con un piccolo universo fatto nascere e crescere fino alla conclusione, un microcosmo chiuso e capace di vivere una vita propria (vengono in mente i gruppi prog tipo gli Yes che negli anni ’70 mettevano una suite autoconclusiva a inizio disco e poi elaboravano altre direzioni nel resto del vinile).
La seconda parte del disco ha inizio poi con il pianoforte e i cori di singularity, un po’ più vintage nei modi, con un’atmosfera iniziale quasi da film anni ’50. Poi parte un battito e ci si trova in un club qualche decennio più avanti, sempre però contemplando la situazione con calma.
Un po’ più scuri i colori che porta con sé ologramma, in questo caso sorretta da cori per lo più maschili, con un battito invece rapido e determinato, anche muscolare. E visto che si balla, balliamo: estasi entra in pista con piglio determinato, sconfinando più nell’IDM che nella techno propriamente detta, sempre senza rinunciare a una certa eleganza di movimenti.
Gorgoglia e sale dal basso espansione, più acida e sintetica, nei suoni e nelle sensazioni, rispetto ai brani precedenti, anzi impostata su piccoli conflitti interni piuttosto ansiogeni. Il ritmo è ancora quello della dance, ora più determinato e robusto.
Si sviluppa poi un rituale, che pesca a piene mani dai suoni e dai ritmi della dance anni Novanta, con qualche richiamo al mondo di Moby, Zero7, gente così, che ha prosperato facendo dialogare al meglio pop e musica da ballare.
L’esplorazione del dancefloor prosegue e accelera ulteriormente i battiti con impeto, che picchia più forte e si dirige più in profondità. E in profondità nasce il serpente cosmico, che riporta i ritmi alla calma prima di librarsi verso l’alto, forte dei propri movimenti sinuosi e ipnotici.
Si torna a strappare sul piano del ritmo con moto perpetuo, nuova accelerazione di buon impatto. Nella cultura tradizionale dei popoli Nguni, un sangoma è una sorta di sciamano, esperto di magia, medicina tradizionale e divinazione: non che io lo sapessi, ma MACE mi ha costretto a copiare da Wikipedia per questo brano che effettivamente sa di misterico, ma senza calare di ritmo, aggiungendo però elementi percussivi e qualche frizione.
Tempo di spiccare un volo celeste ora, dopo tanta terrena materialità: questo aeromobile però assomiglia più a un aliante con le ali di carta che a un jet, vista l’armoniosa dolcezza che esprime. Si chiude con risveglio, che si produce in modo dolce e in ambienti morbidi, con qualche suono naturale a corredare un ambiente idilliaco.
Ambizioso e poco attento ai limiti, MACE si conferma un unicum nella musica italiana (c’è qualche parallelismo possibile con l’avventura musicale di Dardust, ma poi le direzioni sono differenti). Il nuovo disco conferma tutta la sapienza di cui si era già intuita la portata.
Va detto che di veramente Oltre in questo disco c’è soprattutto la suite iniziale, che da sola vale l’ascolto. Gli altri brani presi singolarmente sono sicuramente perfetti, incastri significativi nel tessuto complessivo, ma nessuno è in grado di svoltare clamorosamente rispetto a quanto ascoltato fin qui.
Genere musicale: ambient, psichedelia
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