Maione, ex cantautore del Club Tenco, chitarrista di Rhapsodija Trio, ha un curriculum eccellente (ha lavorato con Michele Serra, Antonella Ruggiero, Antonio Albanese, Moni Ovadia, la Compagnia Abbondanza/Bertoni, partecipando ad alcune colonne sonore di film tra cui “Pane e Tulipani” e “Agata e la tempesta” di Silvio Soldini), è poeta, attore, ma soprattutto musicista. Lo abbiamo intervistato.
Puoi raccontare la tua storia?
E’ una storia molto lunga perché ho cominciato da bambino, come cantante, in un talent dell’epoca, dove mi sono ritrovato circondato da musica e musicisti e devo aver deciso che la cosa mi piaceva molto. Ho capito che quello era il mio mondo, (l’inizio della fine…) Più tardi sono anche impazzito per la batteria, ma non l’ho mai studiata seriamente.
Crescendo (sintetizzo) sono passato alla chitarra ma senza mai abbandonare il canto, perché mi è sempre piaciuto esprimermi anche a voce. Ho attraversato vari stili, i più disparati. Ho fatto il cantautore, poi il chitarrista in diverse formazioni e mi sono esibito in varie manifestazioni musicali dell’area vesuviana.
Più tardi mi sono trasferito a Roma e lì è cominciata anche la mia attività poetica. Ho conosciuto per caso il giornalista Rai Sepp D’amore, grande appassionato di poesia, era il padre di un musicista di strada che suonava con me a piazza Navona. Sepp, leggendo dei miei testi aveva imprudentemente “scoperto” la mia vena poetica. Mi ha introdotto in alcuni ambienti letterari romani, dove ho avuto l’onore di conoscere anche Umberto Eco. (A dire la verità mi sono sempre sentito molto in imbarazzo di fronte a uomini di cultura, visto che, forse, il mio unico talento è l’ignoranza…).
Dopo Roma mi sono trasferito a Londra e ho frequentato gli ambienti punk e new wave dell’epoca e a dir la verità non mi dispiaceva affatto, avevo scoperto che in me c’era anche questa vena punk, ma non ho mai preso niente troppo sul serio. Quando sono tornato a Napoli ho ripreso a studiare al Conservatorio e ho girato un po’ qua e là per l’Italia, sempre suonando, fino a che non mi sono trasferito a Milano.
Qui ho cominciato ad esibirmi con un repertorio di canzoni napoletane classiche e moderne. Beh, ne son successe di cose… Per sintetizzare, dico che mi sono appassionato alla musica salsa grazie all’incontro con dei musicisti sudamericani (già amavo Santana, il primo a dare un carattere rock alla musica latina), e ho fondato una mia orchestra, Partenope Latina. Musiche e testi di mia composizione, in napoletano, genere funky salsa mediterraneo, con una band di 6,7 elementi, (eh, quando, una volta, c’era lavoro…), purtroppo oggi è durissima per molti…
Non ho mai mollato l’attività di cantautore, sempre prevalentemente rock e latin. Dopo anni di esibizioni e disperazioni ho avuto la fortuna di essere selezionato tra migliaia di aspiranti al Club Tenco e quindi di esibirmi sul prestigioso palcoscenico del Teatro Ariston di Sanremo. Quello per me fu un grosso trampolino di lancio, peccato però che la piscina fosse vuota… https://www.youtube.com/watch?v=t4PADMIO25s
Va be’, si sa, la carriera di un artista è fatta di gioie e dolori, proprio come accade nella vita di tutti i giorni. Ne sono successe tante, dovrei veramente dilungarmi molto. E’ successo anche che, in seguito ad una forte depressione, ho abbandonato la musica per circa 3 anni e ho fatto la vita dell’operaio… Devo dire che mi ha salvato il violinista Maurizio Dehò, chiedendomi di entrare a far parte come chitarrista del prestigioso Rhapsodija Trio, con appunto Dehò al violino e Gianpietro Marazza alla fisarmonica, al quale poi è subentrato Nadio Marenco. Non ci ho pensato su due volte, mi sono licenziato e rituffato nella musica. In quel periodo ho avuto anche la fortuna di conoscere il grande Moni Ovadia e di esibirmi, insieme al Trio, in alcuni suoi spettacoli. Ho approfondito così la musica klezmer e zigana di cui ero già appassionato, e ho cominciato a frequentare anche gli ambienti manouche. Per il divino Django Reinhardt e gli altri giganti di questo genere musicale impazzivo già da prima…
Sempre con il Rhapsodija Trio ho avuto l’occasione di affiancare la prestigiosissima Compagnia di Teatro-Danza Abbondanza/Bertoni in spettacoli teatrali con musica dal vivo. Ho girato vari paesi d’Europa, poi Africa e Sudamerica. Indimenticabili sono state le esperienze parigine e quella di Montevideo in Urugay, poi Buenos Aires ecc. Come si può immaginare, in quel periodo ho ibernato la mia attività di cantautore. Ma ho fatto delle bellissime esperienze, tra le quali, una delle più emozionanti, è stata quella di esibirmi e incidere, sempre insieme al Trio, con il mitico Antonio Albanese. Aveva scelto una mia musica per un suo pezzo, un testo di Michele Serra, “L’Uomo-Bomba e la Donna Cannone”, andato in onda su Rai 3 nel programma “Non c’è problema”. L’esibizione è reperibile a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=a_t4vT8nJk0
Ho avuto anche il piacere di collaborare, insieme al Rhapsodija Trio, con la grande Antonella Ruggiero nella celeberrima “Vacanze Romane”, https://www.youtube.com/watch?v=QLIuxyBxv3k e di contribuire alle colonne sonore (su musiche di Giovanni Venosta) dei film di Silvio Soldini “Pane e Tulipani” e “Agata e la Tempesta”. Poi insomma, ne sono successe ancora tante, tra centinaia di concerti in tutt’Italia col Rhapsodija Trio. Ma solo l’anno scorso si è risvegliata in me l’esigenza di esprimermi con un mio progetto personale, pur non abbandonando l’attività chitarristica con il Trio. E… ho inciso il mio cd “Assassini si nasce” co-arrangiato e co-prodotto insieme a Giuseppe Rotondi, anche percussionista, batterista e fonico. Il cd è uscito con l’Etichetta Alter Music di Eros Cristiani, amico tastierista, presente anche nel singolo “Assassini Si Nasce”. https://www.youtube.com/watch?v=UfE_CQz14t8&list=PL94NpXlPv3SmoROPtl1iqsFUzxGsW4OsI
Nel cd suonano i miei cari amici Marco Parano alla batteria e Massimo Marcer alla tromba, quest’ultimo ha curato l’orchestrazione fiati. Al basso c’è William Nicastro, oggi sostituito dal giovanissimo e talentuoso Alex Mandelli. Parallelamente ho ripreso la mia attività di poeta, (anche se autodefinirsi poeta suona un po’ male…) Ho fatto performance poetiche chiuso in una gabbia a recitare e farneticare tra orrore e amore le vicissitudini di un io devastato… E, insomma,via, la vita continua, nel suo viaggio senza destinazione…
Il tuo ultimo lavoro è “Assassini si nasce”: puoi raccontare qualcosa dell’ispirazione e della genesi del disco?
ASSASSINI SI NASCE prende il titolo dalla quarta traccia del cd. E’ il monologo delirante di un uomo che, pur di vedere la sua faccia e il suo nome su tutti i giornali, è disposto a tutto, anche ad uccidere. Assassini si nasce è un’affermazione che per me vuole assomigliare più ad un interrogativo. Perché Assassini si nasce? Perché uomini si diventa!..Il percorso verso il superamento di un ego onnivoro e spropositato che divora tutto quel che trova sulla sua strada calpestando diritti e bisogni altrui, è molto faticoso, arduo, eroico direi, ma necessario per arrivare ad una congiunzione totale con un io universale. L’uomo ha tanto di bestiale in sé, ma a differenza di una vera bestia che uccide quasi sempre solo per fame, quando uccide lo fa per odio, o per desiderio di potere e per squallida vanagloria…
Cercare di mitigare, seppure affannosamente, la presunta onnipotenza di un io imperatore e imperativo è indispensabile per conoscere e unirsi alla sofferenza e alla gioia dell’intera esistenza umana. Lo so, forse è utopia, ma perché non parlarne! Forse potrebbe sembrare filosofia da quattro soldi, ma io sono solo un autore di testi e un musicista che, nel suo piccolo, tenta di scendere nelle profonde cavità della grandezza e della caducità umana. Io scrivo e canto il caos, lo smarrimento, la catastrofe millenaria dell’umanità che purtroppo oggi sembra aver preso una piega irreversibile. Ma canto anche l’allegria e la leggerezza, l’ironia, perché no! Non sono pessimista, è il mondo che è pessimo, posso dirlo?
Nella tua musica, oltre che qualcosa di mediterraneo, viste le tue origini, mi sembra confluiscano anche sensazioni miste tra chansonnier francesi, italiani alla Buscaglione, idee balcaniche e altro. Quali sono i tuoi capisaldi musicali?
Be’ io ho attraversato diversi stili, folk, rock, salsa, gypsy, canzone d’autore, ecc. dentro di me sento Santana, come Adrian Belew. Marc Ribot, Django Reinhardt, ma anche Debussy o Chopin e Paolo Conte… mi piacciono Leo Ferrè e Aznavour, Jannacci e Gaber, Vasco Rossi, ecc. ecc. Per quanto riguarda la musica “moderna”, ci sono molti gruppi veramente interessanti, cito solo Calibro 35 e Teatro Degli Orrori. Fra i napoletani Enzo Avitabile, Avion Travel, la storica Napoli Centrale, Pino Daniele (in particolare il primo), Gragnaniello, Carosone, Totò e i 3 fratelli De Filippo!
Quindi le mie ispirazioni sono molteplici e molto disparate, discontinue. Ho scelto di esprimermi a colpi di rock (in senso lato) perché trovo che il rock sia una delle modalità espressive a me più congeniali, più conformi alla mia personalità chitarristica. Ma questo non esclude assolutamente altre forme espressive più “pacifiche” e non urlate. Ho sempre cocciutamente e faticosamente insistito nel rimanere me stesso al di là di etichette che mi collocassero in una corrente musicale troppo definita. Non corro dietro al mercato, e sicuramente il mercato non va dove vado io. Faccio semplicemente me stesso, con tutta la mia coerenza, che a qualcuno potrebbe apparire confusa, contraddittoria… Benissimo! Io sono confuso e contraddittorio, perciò mi ritengo vero. Non tenterò mai di “correggermi”. Perché dovrei?
Puoi raccontare qualcosa dei tuoi spettacoli, che costituiscono il cuore del tuo lavoro?
I miei spettacoli sono ovviamente prevalentemente musicali. Canto le mie canzoni, spesso intercalandole con poesie o momenti di “recitazione” che tendono ad introdurre, o al contrario disperdere, il contenuto dei brani che vengono successivamente eseguiti. Mi piace molto disperdermi e disperdere, trovo che sia la condizione più vicina a quella del caos che oggi sottolinea e identifica l’uomo moderno calato nella sua epoca. Lascio fare a quelli che io chiamo i miei coinquilini, ossia le tante personalità che mi abitano e dettano legge al mio essere variegato (e spesso imprevedibile già a me stesso). E insomma, mi dicono che sul palcoscenico tutto questo si trasformi in ondate di grande energia, musicalità strabordante, momenti appassionanti… non lo dico io, eh, me lo dice sempre mia cugina… (scherzo).
Da quello che ho visto dei tuoi live, sembra importante anche una certa attitudine “teatrale” che va di pari passo con quella musicale. Che cosa ti ha portato a questo tipo di scelta?
Mah, sarà che sono napoletano e spesso, anzi direi sempre, i napoletani fanno teatro spontaneo e involontario anche nella quotidianità. Ma non mi ritengo affatto un attore, sarebbe un’offesa verso i veri attori. Io faccio il guitto e mi diverto.
Passamontagna, maschere, faccia pitturata: diciamo che a volte in foto e video ti piace nasconderti un po’. Non è un’attitudine curiosa per un “uomo di spettacolo”?
No, al contrario. A me non piace nascondermi, anzi mi piace farmi notare, è per questo che metto le maschere.
Scherzi a parte, se fossi sicuro di non essere rinchiuso in una clinica psichiatrica, calzerei tutti i giorni quelle maschere, le sostituirei volentieri alle maschere della vita che siamo costretti ad usare per gravitare nell’orbita della “ragione”. Mi auguro che le mie maschere evochino emozioni profonde che vanno al di là del contenuto dei testi, che spesso non spiegano, ma danno solo delle chiavi. Ma neanche di questo sono ampiamente sicuro e francamente non è un problema che mi pongo. Quel che per me conta è la forma più che il contenuto.
Si può dire ti amo o ti odio o si può dire gioisco o soffro in tantissimi modi. La mia, ripeto, è una ricerca stilistica della forma che deve assolutamente rispecchiare la mia personalità di uomo e di artista (passatemi questo appellativo forse un po’ presuntuoso) in tutte le sue stravaganze, bizzarrie e inquietudini. Tra l’altro trovo le maschere molto più interessanti della mia faccia, soprattutto quando eseguo brani i cui testi sono più cerebrali che fisici e rientrano nella sfera dell’inconscio. E l’inconscio, si sa, è qualcosa di astratto, ma esiste…
Cerco io stesso di essere rapito da un’ immagine pescata chissà dove. Mi piacerebbe fare arte in senso lato, non musica in senso stretto. Ma non so, poi, se agli occhi del pubblico ci riesco. Il mio scopo è commuovermi e commuovere, inquietarmi e inquietare, divertirmi e divertire. L’importante è arrivare al pubblico, a mio avviso con onestà e trasparenza, è per questo che non seguo le folle e le mode.
Non m’ importa se quello che faccio sia indefinito o indefinibile, moderno o datato. Per me non conta tanto il genere, può essere umano, animale o vegetale. Quel che conta è esprimermi col mio lo stile. Mi attengo a questo.