Malera, “Indietro”: la recensione


Indietro è il nuovo album dei Malera. Terzo album in studio, è anche il primo autoprodotto e registrato in proprio usando soltanto un microfono a nastro e un pre valvolare.

Caramelle, il primo videoclip estratto da Indietro e promosso sui social e su Youtube, ha superato le 10.000 visualizzazioni. Dopo nove anni dall’uscita dell’album di esordio Dentro Lo Specchio (2008, Genepi Productions) e dopo il fallimento (e se lo dicono loro, sarà vero) del secondo album  Rappresentazione Olografica dei Giorni Dispari (2014, 69Records), i Malera ritornano con il sound delle prime demo.

Malera traccia per traccia

Ci si apre al sound del disco con Caramelle, proprio il primo singolo, cantata con una certa inflessione dialettale e con molta malinconia nella voce. Molto più ritmato, con drum machine, il discorso che Esci sto disco porta avanti, tra molto autobiografismo, qualche spunto di ironia e amarezza.

Il paradiso con due dita inclina ancora verso il versante malinconico, con sonorità morbide e diffuse. Più appuntita Lugano Reggio, narrativa e da viaggio, con il moog che ulula sullo sfondo, con un po’ di Rino Gaetano e un po’ del Venditti degli esordi che tornano alla mente.

Molto synth, idee social, nostalgie vintage e qualche sorriso in Mi segui su Instagram. Sceglila tu è cantata “in alto”, con qualche frase a effetto su un panorama volutamente zuccheroso. Poi si cambia ritmo e si martella un po’.

Si torna al vintage con la morbida Autoreverse (pronunciato così, “autoreverse”), in cui Gaetano è citato apertamente, su paesaggi un po’ tristi e un po’ devastati. Neve si allinea ai parametri del synth pop, cita i colleghi (“Lo Stato Sociale/nelle cuffie dell’iPhone”) e continua a giocare con l’elettronica.

Transamore alza un po’ i toni, in senso proprio ma anche figurato, su una vivida linea di basso. Giri di waltzer (o di mazurka) e passi cadenzati sulla gentile ma un filo esplicita Enjoy sto cazzo. Ma del resto “Questa non è una canzone indie”. Si chiude con Transamore due, anche più smaccata della “parte uno”.

C’è molto sangue sulle tracce dei Malera, non versato ma pompato nelle arterie, con una passione traboccante dai contorni angusti della canzone pop. Il disco è vivo, vero e voglioso, magari imperfetto qui e là ma molto ricco di azione e idee.

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