Manica pubblica il proprio primo ep, La faccia degli dei. Frutto dell’incontro artistico con Lorenzo Mazzilli (The Giant Undertow, The Johnny Clash Project), l’ep mette insieme influenze punk e alternative, e su una traccia anche la partecipazione straordinaria e amichevole di Fabio Testoni Alias Dandy Bestia degli Skiantos.
“La faccia degli dei” è l’ EP del tuo esordio. Come sei arrivato fin qui?
Sono un ferrarese trapiantato a Bologna. Da adolescente sono stato chitarrista di gruppi punk o simili nella nebbiosa periferia padana dove la musica è un’ ancora per combattere la noia assoluta.
Nel 2011 ho ideato “La palestra del cantautore”, una stramba webzine di “interviste a tavola” con artisti e ho incontrato tante persone fondamentali per la mia cultura musicale, da Claudio Lolli (per me vetta della musica d’autore) a Massimo Zamboni (che con i CCCP e poi C.S.I mi ha riempito di suggestioni distorte), passando per tanti altri incontri speciali.
In questo lungo percorso di ricerca ho trovato l’ispirazione e la sicurezza per mettermi in prima persona davanti a un microfono, cercando di fare musica nella maniera che ritengo più originale, senza compromessi e fedele soltanto alla mia creatività.
I tuoi testi non sono di immediata fruizione e meritano un secondo ascolto (e oltre). Come nascono?
Mi fa piacere che i miei testi spingano a una meditazione. Il cantautorato commerciale oggi mi sembra che si concentri su cose molto piccole, tachipirine, tipi di colla e altri argomenti che francamente non mi interessano. Parallelamente credo che ci sia, oggi come ieri, un “underground” ricco di contenuto, per chi lo sa trovare.
I miei testi nascono da una riflessione su un tema, poi entrano in gioco le parole che levigo nella mente finché non mi convincono. E’ un processo spesso lungo con tempistiche anarchiche.
Dal punto di vista sonoro parli di punk che per te è stato fondamentale e della volontà di non conformarti a un genere. Ma sbaglio se dico che il rock alternativo fine ’80- inizio ’90 è stata una fonte di ispirazione importante?
Ah, certo. Adoro l’anima dannata degli anni ‘90. Ho subito tante influenze e adoro le chitarre graffianti e le provocazioni. Solo per stare in Italia e dare qualche riferimento: Marlene Kuntz, After, Wolfango, Umberto Palazzo e il Santo Niente, Massimo Volume, Fluxus, Franti e tanti tanti altri.
Che cosa ti ha portato a collaborare con Dandy Bestia?
“Dandy” è un patrimonio di Bologna. Ha vissuto il grande periodo musicale quando all’Osteria delle Dame o in altri luoghi trovavi Guccini, Dalla, Lolli, Celati, Benni eccetera.
Lui è rimasto legato alla città, tanto che spesso puoi incontrarlo al bar. Come tutti i grandi è una persona curiosa, attenta a quello che succede nella musica. Gli ho parlato di vari progetti che lui ha condiviso e incoraggiato. Ha messo la sua chitarra nel singolo “La libertà in questo paese” e anche il volto nel relativo videoclip girato da Gerardo Lamattina che, se volete, potete trovare su youtube.
Come mai la cover di Marracash?
Ho pensato che il testo di quella canzone, “Parole Chiave”, era bello (come molti di Marracash) ma un po’ vittima dello stereotipo dei rapper del ghetto americano: soldi, fighe e macchine veloci. Estirpandolo dal suo “habitat naturale ” questo testo diventava un monito antimoderno, alla CCCP e così mi piaceva molto.
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