Marco Castello, “Contenta tu”: recensione e streaming
Esce per 42 Records in Italia e Bubbles Records nel resto d’Europa Contenta Tu, disco d’esordio di Marco Castello.
Un mix di pop, funk, jazz e blues, melodie sbarazzine e orecchiabili dal groove trascinante che fa battere il piede, canzoni intime e delicate capaci di portarti altrove.
Contenta Tu affianca canzoni eterogenee e imperniate di tante piccole trame dove batteria, chitarre, fiati, tastiere e synth creano soluzioni armoniche sempre diverse, dando vita a un sound fresco e leggero, elegante e diretto.
Dieci brani che affondano le loro radici nella canzone d’autore italiana (Pino Daniele, Lucio Dalla, Lucio Battisti) ma influenzati anche dal sound di artisti come Mac DeMarco, Mild Hogh Club, Vulfpeck e Tom Misch.
Un disco che risente delle molteplici esperienze di Marco, classe 1993, che si è laureato ai corsi di jazz della scuola Claudio Abbado di Milano e ha girato il mondo a fianco di Erlend Øye dei Kings of Convenience nel progetto La Comitiva.
Un disco in cui Marco ha suonato chitarra, batteria e tromba, accompagnato da Lorenzo Pisoni al basso e Leonardo Varsalona alle testiere, registrato al Butterama Studio di Berlino e prodotto insieme a Marcin Öz (The Whitest Boy Alive) e al produttore e compositore Daniel Nentwig.
Marco Castello traccia per traccia
Il flauto dolce come strumento di seduzione: nelle sensazioni di blues sciolto di Porsi, che apre il disco, si insinuano numerosi ricordi scolastici, fluttuando in modo morbido e originale.
Molto ritmo in Cicciona, che esplora aspetti quotidiani di relazione con l’aiuto di suoni analogici e sintetici ma anche di un atteggiamento complessivo creativo e sognante.
Il profilo di Battisti emerge chiaramente da Luca, canzone intima ma con qualche tratto surreale, con le tastiere a fornire spunti onirici con grande continuità, per un brano che parla molto di fai da te, peraltro.
Con Torpi si viaggia ancora su piani di memoria, con un po’ di funk a guidare ritmi e dinamiche del brano.
Un testo dalle sensazioni molto sparse (qui e là il paroliere potrebbe essere Fabio Celenza) contraddistingue le malinconie lievi di Palla.
Un po’ di wah wah elettronico apre Marchesa, testo narrativo e linea di basso particolarmente vivida.
“Sei bella ma cretina/e vuoi assomigliare a qualcosa che invece fa schifo”: non proprio parole di elogio entusiastico quelle di Contenta tu, soffice title track piena di sconforto.
Chitarra e voce (filtrata) per i primi passi di Villaggio, tra piedi neri e una lei che si guarda il culo allo specchio. Un po’ di divertissement in salsa blues e in dialetto con Addiu, che gioca con parole e suoni.
“Faccio pietà e i cani morti mi danno le pacche di solidarietà”: per dire dell’ottimismo contagioso che anima Dopamina, ultimo brano del disco su arie comunque leggere e ironiche.
Si lascia spesso guidare dagli istinti la musica di Marco Castello. Ma sono istinti che sanno dove andare, con alcuni modelli immortali ben presenti e parecchie lezioni imparate da colleghi più esperti, ma senza che tutto questo faccia deragliare una scrittura originale, ricca di stile e forte nelle basi. Che gli istinti seguano le strade che devono, se i risultati sono questi.
Genere musicale: cantautore
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