Marco De Annuntiis, “Jukebox all’Idroscalo”: recensione e streaming
Juke Box all’Idroscalo è il primo disco di Marco De Annuntiis. R moscia da nobile decaduto, inflessione romana che si accentua nei passaggi più emotivi, la produzione di un altro personaggio decisamente obliquo come Luigi Piergiovanni Rosybyndy e la pubblicazione inevitabilmente in vinile per la cinefila Cinedelic (“penso di essere l’unico cantautore dell’etichetta”): il tutto a sorreggere le dieci canzoni di un ragazzo di strada che la strada la conosce bene e ne canta i margini, ma senza tragedie, e la poeticità cruda, talvolta ripassata d’ironia.
Marco De Annuntiis traccia per traccia
Si parte da Serge Gainsbourg, con un’ondata di nostalgia finta e con il quasi twist di Jukebox, che ha un finale piuttosto energico, almeno a livello di testo.
Molto più ieratica Come De André, che è un po’ irridente e se la prende con i vizi del cantautore ma soprattutto di quelli che vanno in giro con il santino del cantautore, con piccoli innesti di Talking Heads e Tenco (e Cecco Angiolieri).
C’è Frankenstein jr. all’inizio di Dandy di città, che suona rock’n’roll con disinvoltura, molta ironia e un po’ di tastiere.
Più amarezza è presente in Conigli dappertutto, ammantata da una tristezza elettrica e da ritmi piuttosto alti.
Raggiunge i sette minuti il Blues della Renault, di sapore acidulo e con un’apertura che racconta “Sono uscito stamattina/come uno che lavora”. Poi le attività descritte però vanno in tutt’altra direzione, anche dolorosa benché con toni sempre piuttosto scanzonati.
Le sensazioni di dolore, ma anche di ironia, si propagano anche a Borderline, giocata sulla rima baciata e in coppia con Ilenia Volpe.
Un’improvvisa calma si stende su Il primo uomo sulla Luna, con suoni molto vintage e una certa allusività di fondo.
Ecco poi Vita privata di Sherlock Holmes, che torna ad accelerare i ritmi finendo per suonare un po’ beat e un po’ Baustelle.
Un lavoro intenso di basso arriva con Shavette, pezzo veloce con inserto di Enola Gay degli OMD.
Si chiude con egocentrismo: ecco Io io io e gli altri, che dichiara una verità come “Stiamo tutti fingendo di saper stare al mondo”, su suoni d’organo e con una certa malinconia nella voce.
Una proposta particolarmente originale e fuori dell’ordinario, quella di Marco De Annuntiis. Ma anche un disco dalle mille sfaccettature, che va approfondito e riascoltato con attenzione per apprezzarne le sfumature.