Maria Antonietta @ Lilith Festival: il report
La seconda serata del Lilith Festival di Genova, che è andata in scena ieri sera, venerdì 5 luglio, ancora una volta nel verde parco di Villa Bombrini, ha visto susseguirsi sul palco cantautrici e rockeuses dalla personalità unica e immediatamente riconoscibile: Ella Nadì, Sabrina Napoleone e Maria Antonietta.
Generi e attitudini diverse in apparenza, accomunate dal desiderio e dalla grinta di portare sul palco la propria essenza, senza troppi fronzoli e sovrastrutture. Voce e chitarra, accompagnata da Davide Meli, la cantautrice torinese Ella Nadì ha presentato i brani contenuti nel suo album Nel bene e nel mare: una scelta un po’ obbligata, quella di mettere questo elemento nel titolo, visto che in ogni sua canzone l’infinita distesa d’acqua compare e ricompare ciclicamente come presenza fissa e necessaria. Un timbro vocale piacevole e riconoscibile, testi importanti che non cadono mai nell’autocelebrazione, fa parte delle piacevoli scoperte che ogni estate i Festival musicali sanno regalarci.
Dopo di lei, e dopo qualche difficoltà con il cambio palco, che purtroppo hanno un po’ rallentato le tempistiche della serata, è una delle anime di Lilith Festival, Sabrina Napoleone, a esibirsi, insieme musicisti Francesco Ciapica e Alice Nappi. La cantautrice genovese ha proposto alcuni dei brani contenuti nel suo terzo disco Cristalli sognanti, e un brano estratto dal primo lavoro, intitolato Un pugno di mosche. Il suo percorso artistico è ormai ben radicato a terra, ma non smette di sognare: le esperienze di vita si sposano alla letteratura, alla storia, con testi talvolta spigolosi e sicuramente mai banali, accompagnati da un sound unico che strizza l’occhio alla sperimentazione pur rimanendo fluido e godibile. La sua presenza sul palco, pur senza fronzoli, è magistrale anche davanti alle problematiche tecniche le problematiche tecniche – non dipendenti, va detto, né dall’artista né dall’organizzazione – che non hanno però influenzato una performance sicura e sentita.
Ancora qualche minuto di attesa e poi ecco spuntare la headliner della serata, Maria Antonietta: vecchia conoscenza dei nostri live report, continua a sorprenderci ogni volta che i nostri cammini si incrociano. A rimanere costanti nel tempo sono i rossissimi capelli, l’espressione sempre difficilmente interpretabile e la voce incredibilmente ricca di sfumature e tonalità, che graffiano e accarezzano senza un ordine ben preciso. Ritroviamo intatta anche l’incredibile urgenza comunicativa, che sfocia in interventi tra un pezzo e l’altro che possono riguardare momenti di vita vissuta, la storia d’amore con il collega Colombre, la nascita di alcuni brani e le poesie, sempre andate a pescare non nel calderone degli autori più noti ma figlie di ricerche personali tutt’altro che scontate. Il primo brano è, quasi senza sorpresa, Deluderti: una canzone manifesto dell’essenza dell’artista, che mette subito i puntini sulle i con frasi diventate cult come Non ho intenzione di deluderti, ma questa è la mia faccia che è diventata anche la sua bio social. Si prosegue con Saliva e Viale Regina Margherita, quest’ultima scritta in collaborazione con Francesco Bianconi, che affronta la sensazione di inadeguatezza e disagio che si può provare trovandosi a camminare sulla statale sotto la pioggia e con le scarpe sbagliate, ma anche all’interno di una relazione che non funziona come dovrebbe.
Si prosegue con Vergine, dedicata a una stronza come si può chiaramente comprendere dal testo, Sabato mattina, fino ad arrivare al brano scritto e interpretato insieme a Laila Al Habash, Per le ragazze come me. La scaletta corre veloce insieme alle emozioni che sono un po’ stordite: c’è ancora spazio per Diavolo, Io e te certamente, che è stata scritta insieme al compagno e futuro marito di Maria Antonietta Colombre e che racconta di illusioni condivise, che sono uno degli ingredienti del successo della relazione tra i due artisti.
Questa è la mia festa e Galassie vanno a chiudere la serata, senza bis perché la mezzanotte è scoccata e, come nelle favole, riporta alla realtà. E, come sempre, è un peccato.
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