Marlene Kuntz, “Karma Clima”: recensione e streaming
Mentre i Marlene Kuntz stavano lavorando al nuovo disco, Karma Clima, circa un anno fa siamo andati a trovarli nel Cuneese. E già allora si capiva come la band piemontese, pur veterana, fondatrice di un certo tipo di sound dalle nostre parti, capace di influenzare decine di band, stesse però mettendo energie nuove e speciali nel nuovo lavoro in arrivo.
E il risultato è finalmente nelle nostre cuffie: nove canzoni e trentacinque minuti circa, quindi nessuna tentazione di gigantismo ma l’abituale capacità di colpire senza esagerare. A fare da filo conduttore c’è la tutela del nostro pianeta, diventata materia ancora più “scottante” mentre i Marlene cesellavano gli ultimi dettagli del loro disco.
Marlene Kuntz traccia per traccia
Si apre il disco con La fuga: il racconto di un imbroglio globale acquista movimento scomposto con le percussioni, mentre il pianoforte tiene strette le fila melodiche. La voce di Godano inizia tremolando un po’, ma poi acquista fiato e spinta. La fuga, pardon la canzone, si fa vertiginosa, rumorosa, intensissima e vibrante.
La “selva oscura metaforica” si attraversa mentre Tutto tace, un semi-rap esplorativo, con archi, giri ipnotici di basso e “precatastrofico stupore”. Coro quasi liberatorio un po’ gospel e un po’ Nick Cave offre un contrappunto solido.
Alternanze di tono e di senso quelle proposte da Lacrima, sorta di battuta di caccia che però è anche e soprattutto all’immensità. Idee elettroniche si insinuano sotto un robusto tessuto elettrico.
Il coté melodico dei Marlene, ancorché sempre elettrificato, emerge in un’ottativa Bastasse, serie di desideri che si infilano su un crescendo di batteria, interrotto in modo brusco e senza possibilità di replica.
C’è Elisa a duettare su Laica preghiera, che in realtà è laica fino a un certo punto visto che parla di dei. E il sentimento si fa particolarmente alto e aereo in un brano struggente e dolcissimo. “Io son qui per la verità che mi vorrai concedere”: Elisa prima parla, poi canta da par suo, appoggiando quasi con cautela la propria voce su una trama sofficissima e poi più intensa.
Archi ma anche movimenti scomposti in una contrastata Acqua e fuoco, tutta in chiaroscuro, ma come seduta in mezzo a un’orchestra. Un battito continuo orienta un’altra esplorazione sonora e testuale, che sa di selvatico.
Più lirica, più aerea, ecco poi Scusami, crescendo ritmico e vivido, con un che di tribale che si nasconde dietro svariati strati di suono. Una lettera di scuse misteriosa e un po’ rabbiosa, da scrivere e raccontare faccia a faccia.
Vita su Marte narra, con più che qualche riferimento all’attualità, risuonando nell’etere e facendo intendere che si può viaggiare lontano quanto si vuole, ma di base di pianeta vivibile ce n’è uno solo. “Figlio mio mi dispiace ma chissà se si poteva evitare”.
Triste e nostalgica la chiusa: L’aria era l’anima vede la voce di Godano recitare e raccontare di qualcosa che non c’è più. Come in una canzone d’amore, scritta però per un pianeta che muore e non per una donna che se ne va.
Si sono arrampicati sulle alture del Cuneese, si sono chiusi per mesi isolandosi ma anche aprendosi al territorio, si sono messi in gioco e in discussione forse come mai prima. E sono ancora loro, forse più che mai: i Marlene Kuntz mettono in pista un altro gioiello che non sfigura affatto, né per coerenza, né per coesione sonora, né per forza interna dei brani, con quanto fatto finora.
Anzi, a dirla tutta se si fa la classifica dei dischi migliori dei MK, attività abbastanza di moda negli ultimi tempi fra le webzine, magari lasciando passare un po’ di tempo per non soffrire di eccesso di recentismo, si scoprirà come questo Karma Clima sta parecchio alto in classifica, là con i migliori.
Maturo, pensato, voluto con forza ma mai debordante, misurato e centrato, convince dall’inizio alla fine. Ok i Novanta sono andati, ma se Marlene, Agnelli, Verdena hanno ancora così tanto da regalare, forse non siamo messi poi così male. Consoliamoci un po’, ci serve.