Marracash, “E’ finita la pace”: recensione e streaming

Marracash pubblica a sorpresa il nuovo album E’ finita la pace. Il disco, il settimo in studio, arriva a tre anni dall’ultimo progetto ed è da ora disponibile su tutte le piattaforme digitali e in preorder in versione fisica (a questo link) nei formati cd standard e vinile standard, in uscita il 24 gennaio 2025. In esclusiva, sullo shop Universal Music Italia anche cd autografato, cd deluxe, vinile autografato e Picture Disc.

Oggi si annuncia anche una seconda data allo Stadio San Siro di Milano, il 26 giugno 2025, che va ad aggiungersi a MARRA STADI25 (prodotto da Friends & Partners), il primo tour negli stadi per un rapper italiano.

È finita la pace è l’ultimo capitolo di un percorso in tre atti iniziato nei due dischi precedenti. In Persona Marracash racconta la ‘crisi’ e riflette sulla propria carriera, vita e identità, in Noi, Loro, Gli Altri, che ne rappresenta la naturale evoluzione, affronta lo ‘scontro’ e mette i propri dubbi e interrogativi in una prospettiva anche sociale. Con il nuovo album arriva l’accettazione e rivendicazione dell’essere unico.

Marracash traccia per traccia

Marra è pronto e lo fa capire subito da Power Slap: i dissing e i riferimenti ad altri rapper (tipo quelli con il bodyguard e che vanno a Sanremo) avvelenano le acque. Uno strano, un matto, un bastardo, ma non un falso: l’autoritratto è severo ma serve per distinguersi da una scena che ama usare gli stessi autori e ripetersi all’infinito.

Crash apre gli occhi sul “governo di fasci che dice frasi preistoriche“, con un battito rimbalzante in un pezzo elastico che si muove in un campo di battaglia, che poi è la vita di tutti i giorni.

Passato il fuoco di sbarramento dei primi due brani, ecco Gli sbandati hanno perso, che ha un mood meno battagliero e anche pieno di rimpianti. Come una versione aggiornata e oscura di Il cielo è sempre più blu, una serie di “chi” si trasforma in un affresco del presente, in cui tutti i protagonisti sono fuori di testa, perché “una guerra l’abbiamo già persa“.

C’è Ivan Graziani che canta una Canzone triste all’inizio di E’ finita la pace, title track e pezzo abbastanza schizofrenico, che parte pianissimo ma poi urla forte, sempre con la voce di Ivan a fare da contrappunto e a mantenere l’umore sul malinconico.

L’alternanza Detox/Rehab parla di dipendenze e ne parla in maniera molto dettagliata, descrivendo in modo molto personale la fame cronica, la pace chimica e tutto quello che ne consegue, anche in campo musicale e professionale.

Addirittura i Pooh di Uomini soli sono oggetto della citazione all’inizio di Soli, una descrizione grigia e molto intensa, con barre fittissime che suonano molto autobiografiche. Una serie di “ex” sparge riferimenti, poi racconta un lato poco conosciuto dei rapper, “prede facili” e forse un po’ meno ruvidi di quanto si dipingano.

Dopo una “pausa” piuttosto depressa, ecco che si torna ad alzare il livello dello scontro con Mi sono innamorato di una AI, che però continua nell’alternanza di luce/buio: l’intelligenza artificiale è uno spunto buono per parlare della propria umanità (“troppa” umanità, in nome di un Nietzsche citato apertamente).

C’è un retrogusto mediterraneo nei suoi di Factotum, che parla degli ultimi della fila, di quelli che fanno i lavori che nessuno vuole fare, “legali e illegali“. Il passo cadenzato del brano racconta la gente che non aiuta nessuno e che piuttosto digiuna. E in un pezzo che sta “coi disertori/gli ammutinati“, la conclusione è abbastanza chiara: “Solo Dio sa come si vive qui/e se ne fotte“.

Siamo addirittura alla Madame Butterfly nell’incipit di Vittima, che parla di rapporti interpersonali, di dipendenza, di amori tossici, di ferite profonde che inducono a cercare ferite ancora più profonde. Il patologico bisogno di conferme porta a un dolore che non si accontenta delle lacrime e va oltre.

Cambia tutto con Troi*, fittissima e molto tagliente: l’appellativo è in realtà rivolto al protagonista, uomo, della canzone, in mancanza di un sinonimo maschile. La propensione al sesso e la disinvoltura nelle relazioni è raccontata con una certa frenesia e molta inquietudine.

Si ritorna all’oscuro con Pentothal: “Ogni tanto sospetto di essere orribile” è la partenza di un brano che racconta in modo depresso le proprie vicende intime. Verità che non si vogliono ascoltare si delineano in una vita che può sembrare piuttosto cupa. Tambureggiante, Lei racconta una donna ideale che forse però non esiste, e forse sì, ma tutto il pezzo si consuma su contraddizioni e dubbi.

A chiudere ecco l’Happy End, un’autocelebrazione ma anche una summa del percorso fatto fin qui, non necessariamente celebrativo ma sicuramente ricco di consapevolezza. La bolla, alla fine si capisce, è quella rappresentata dall’album stesso, che può riservare un’uscita dalla realtà, ma soltanto temporanea.

Fa a meno di feat e di collaborazioni Marracash, in un disco che, come sempre con lui, è un’affermazione prima di tutto. Il fatto di uscire a sorpresa ha già suscitato paragoni con gli americani. Ma

Genere musicale: hip hop

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Pagina Instagram Marracash

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