Aspettative alte, quelle per il nuovo album di Marracash, vista anche qualità e quantità del successo che si è portato dietro Persona, il disco precedente. E abbastanza a sorpresa, ma con un’operazione evidentemente pianificata minuziosamente, è arrivato Noi, Loro, Gli Altri, titolo quasi battistiano per un album prodotto da Marz e contrassegnato da poche e selezionate collaborazioni.

Marracash ha deciso di dar vita a una trilogia di copertine che potesse esprimere al meglio il concept dell’album. “NOI” è la main cover disponibile in tutti i formati (CD e Vinile), mentre è possibile acquistare l’album con le cover “LORO” e “GLI ALTRI” nella sola versione Vinile in edizione limitata.

Marracash traccia per traccia

Una contrapposizione continua, quella che emerge da Loro: Marra traccia subito la linea e decide chi sta di qui e di là. O almeno: è la vita che decide, lui racconta, con un organo tipo Bach che apre e con cori angelici che fanno pensare a idee rituali anche un po’ barocche. Però è la realtà del 2021 che scorre sotto gli occhi, anche in modo un po’ beffardo (“Sono al quinto platino e so che non è l’ultimo/sono al quinto platino e non sono Ultimo“).

La celebre aria de I Pagliacci di Leoncavallo introduce Pagliaccio, altro brano oscuro e fitto di racconti. “Persino nel rap c’è un limite alle minchiate che puoi dire”: Marra si mette in cima alla sua collina e se la prende con un nemico che qualcuno ha identificato dalle parti dei Giardini verticali di Milano. A prescindere dal dissing con Fedez, c’è la voglia di dividere e di affermare se stessi anche in funzione del proprio nemico, classica nell’hip hop dei primordi ma mai del tutto passata di moda.

Con ∞Love le atmosfere sono invece più morbide: la presenza di Guè completa un pezzo molto fitto ma anche piuttosto amorevole, benché una delle frasi chiave sia senza dubbio “Non voglio nuovi friends“, ma in chiave più nostalgica che ostile.

Ancora più soffici le atmosfere che arrivano su Io, riflessione a cuore aperto che non risparmia asprezze: maschere, coraggio, cliché, cambiamenti, ipocrisie e verità sfilano sotto l’occhio del rapper, in un crescendo articolato e ritmato. L’impressione è quella di uno sguardo intimo e introspettivo, piuttosto adulto e disincantato.

Ecco poi Crazy Love, un amore che diventa pazzo per “la mia Nefertiti”: Elodie è presenza/assenza in questo brano, è al centro del video del brano e naturalmente anche del gossip, dopo la fine della relazione fra i due artisti. Una dichiarazione di amore e di sesso: “Amore è come fare una rapina/poi dividere la refurtiva”. Il rischio, la sfida, la fiducia emergono sia dal brano sia dal video, con la celebre Rest energy di Marina Abramovich e Ulay. Una freccia che ti può uccidere, se messa nelle mani sbagliate.

Le ambiguità del politicamente corretto e le ipocrisie dei social e delle popstar sono al centro di Cosplayer (forse il primo brano rap della storia che cita nei testi i Genesis e i Pink Floyd, curiosamente), ma che di nuovo punta il dito con decisione: “Dio ci salvi dall’ipocrisia, dal rumore di fondo e da chi sceglie solo le proteste monetizzabili”. E anche: “Tutto è inclusivo a parte i posti esclusivi, no? Oggi che tutti lottiamo così tanto per difendere le nostre identità, abbiamo perso quella collettiva”.

Altre domande esistenziali e famigliari in un’altra riflessione che si intitola Dubbi: anche il “King” ha molte meno certezze di quelle che si credono e che a volte si proclamano. Appoggiato lo scettro e deposta la corona, quello che resta è un uomo che riflette sulle proprie scelte e che patisce i paragoni con chi sta vicino e ha preso direzioni diverse.

Un incontro tutto sommato inaspettato è quello che si materializza in Laurea ad Honorem, che vede Calcutta cantare e dialogare, in un brano doloroso e contrastato, ma anche una dedica con dolcezza.

Noi parla di infanzia, calcio, vacanze antiche e di un’amicizia che è vissuta di eccessi e scarsa regolarità, con malinconie forti. Una storia personale raccontata nei dettagli e con tantissima verità, appena appoggiata con un filo di voce, tra speranze tradite, ricordi, radici: “lo sai non va mai come vuoi/chissà che resterà di noi/solo dei ricordi”.

Primo intermezzo è Noi, Loro, Gli Altri Skit, un minuto abbastanza western che sembra anche un richiamo all’attenzione per se stesso.

Gli altri (Giorni stupidi) è forse il brano più sorprendente del disco, sia per i risvolti pop, sia per qualche idea sonora vintage, sia per il modo di mettere a contrasto leggerezza e pesi della vita.

C’è Blanco a ricevere un’ulteriore consacrazione all’interno di Nemesi, un pezzo ritmato e molto oscuro, che parla di morte e di mancanza, urlando e facendo emergere la sofferenza con aggressività.

Dopo l’intermezzo di Dumbo Gets Mad Skit che alleggerisce un po’ si arriva alla fine: Cliffhanger fa ulteriore riferimento alla lirica ma poi si punta tutto sull’attualità, con la stessa rabbia e lo stesso stile confrontational che aveva aperto il lavoro. Fittissima e corposissima, la sfida finale del disco è in realtà una porta aperta verso la prossima tappa.

Superare Persona era probabilmente molto difficile. Marracash ne è tanto consapevole da prendere una direzione differente e provare a costruire qualcosa di diverso. Perché se l’album precedente era un racconto del corpo, pezzo per pezzo, qui a essere fatta a pezzi è la società.

Un approccio adulto, maturo, anche autocritico, una capacità di introspezione non di facciata. Che passa anche per l’identificazione dell’avversario, di chi si comporta in maniera differente. Si può vedere il dissing come la parte meno matura e nobile del rap, ma la critica di Marra va a investire comportamenti e scelte di “Loro”, di qualcuno che si mette dall’altra parte della barricata per atteggiamenti troppo ostentati, a coprire ipocrisie profonde.

Colpisce la sincerità di un album crudo e diretto. Marracash poteva comodamente sedersi sugli allori, sul suo quinto platino, a godersi il successo. Ma sarebbe diventato uno di “Loro”, e probabilmente non se lo sarebbe perdonato mai.

Genere musicale: hip hop

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