MasCara, “Questo è un uomo, questo è un palazzo”: recensione e streaming
Questo è un uomo, questo è un palazzo è il nuovo album dei MasCara. Band nata in provincia di Varese, Partiti con un primo ep chiamato L’amore e la filosofia approdano nel 2012 al loro vero e proprio battesimo discografico, prodotto da Matteo Cantaluppi, Tutti Usciamo di Casa (Eclectic/Universal). Un disco dalle grandi aperture pop e orchestrali che mette subito la band sotto i riflettori.
Quasi in antitesi a questo approccio, due anni dopo il debutto sulla lunga distanza, nasce Lupi. Un disco scuro e nervoso, figlio della rabbia e della volontà di mostrare un lato più dinamico. Alla regia ancora Cantaluppi ma questa volta al mix troviamo Tommaso Colliva, che dona al suono finale un ulteriore senso di alienazione di cui la band si fa portavoce.
Quattro anni più tardi ecco i MasCara nello studio di registrazione del cantante Lucantonio e dal chitarrista Claudio Piperissa, “Il Faro” alle prese con il nuovo lavoro. La scrittura questa volta poggia su errori digitali e campionamenti, sul rompere e ricostruire. Imbastardire ciò che era puro. Rendere emotivo ciò che appare alieno.
MasCara traccia per traccia
Con il cantato un po’ pasticciato dagli effetti, Scorpioni apre il disco su toni molto tranquilli e quasi depressi. Ma è molto interessante il crescendo, soprattutto ritmico, con cui termina il brano.
C’è un forte sentimento pop che traina in avanti Carne & Pixel, ma è chiaramente immerso in una voglia di sperimentazione sonora che sporca le tracce, che inquina la melodia, che sdoppia la vista.
Si prosegue all’oscuro, con Divina-azione, pezzo quasi violento per certi strappi, salite e discese, con la voce che si alza e i suoni che si riempiono.
Motherboard sceglie di parlare d’amore e di memoria, ma utilizzando un beat forte e costante, ed escursioni elettroniche che filtrano con la dance e con l’ambient, nel finale.
Molto più rock, anche se sintetico e solenne, il sentimento che anima 22+1: questa volta il cantato è per lo più pulito, mentre parla di donne, immergendosi nel racconto e anche in nuvole di suoni di forme diverse.
A dispetto del proprio titolo, Glitch ha un andamento tutto sommato rettilineo, almeno finché non entra il sax e spariglia completamente le carte.
Gospel per pionieri si appoggia su basi abbastanza moderate, almeno sulle prime, ma poi consente ai suoni di salire insieme alle emozioni.
C’è un che di misterico in tutto il disco, ma in particolare in Domino, che procede fluida e potente, con l’andamento della ballad di un tempo ma con un uso dei synth assolutamente contemporaneo.
Ritmi irregolari quelli di Heavy Soul, che parla di Photoshop e followers, poi si inerpica su altezze ulteriori, pur mantenendo un mood quasi r&b.
La chitarra si impadronisce di Shortcuts, benché anche il basso si faccia sentire con presenza quasi materiale. La chiusura è quasi tranquilla con L’arte di correre, racconto notturno che vede il ritorno del sax.
Disco notevole, il nuovo dei MasCara, che confermano ma portano più avanti esperimenti, suoni e scrittura, ottenendo un disco dai numerosissimi spunti. Ogni canzone nasconde e poi rivela idee, cambiamenti, ispirazioni. Probabilmente non un disco per tutti, ma sicuramente una delle cose più interessanti ascoltate negli ultimi tempi.