Massimo Volume, “Il nuotatore”: la recensione
Aspettando i barbari era l’ultimo grido d’allarme dei Massimo Volume, datato 2013. Nel frattempo, a quanto pare, alcuni barbari sono anche arrivati, e così non resta che scappare. A nuoto: Il nuotatore (come nel racconto di Cheever) è il nuovo disco di Clementi e compagni.
Il disco esce oggi 1° febbraio per 42 records. Per la prima volta nella loro storia discografica, i Massimo Volume diventano un trio formato soltanto dal nucleo storico della band: Egle Sommacal, Emidio Clementi e Vittoria Burattini.
Prodotto da Giacomo Fiorenza, il disco è descritto così nel comunicato stampa: “Tutto quello che si ascolta è stato realizzato con la voce, il basso, la batteria e le chitarre (tante chitarre). Non c’è l’ausilio dell’elettronica, non ci sono sintetizzatori o tastiere, nessun trucco. Solo i Massimo Volume al loro meglio e nella forma più pura”.
Massimo Volume traccia per traccia
Una voce a Orlando è il primo brano dell’album e si capisce subito come l’idea sia quella di tenere alto fin da subito il livello di tensione. La fonte di ispirazione è un video amatoriale girato durante un attentato.
Si prosegue con un classico racconto in stile Massimo Volume, La ditta di acqua minerale, narrazione di miserie e decadenze quotidiane su un tappeto elettrico (una volta si sarebbe detto anche indie, ma ormai…) “Ogni uomo è una bottiglia mezza vuota o quasi piena”.
Il richiamo beatlesiano di Amica prudenza si ferma al titolo: le volute in cui si immerge il pezzo sono inquieti, cupi, anche se c’è una risalita verso l’alto con tanto di cori. Ma la speranza, al contrario della prudenza, è sempre in eccesso: “E ho scoperto che può affogare/anche chi rinuncia a navigare”.
Piuttosto frenetica la partenza de Il nuotatore, la title track, storia di ville con piscina e sorprese negative che guastano idilli apparenti. Il senso di minaccia, a volte di follia serpeggiante, che finisce per distruggere l’apparente vita felice è una delle caratteristiche fondanti della band e qui emerge in tutta la propria forza.
Santissima signora del caso ha un passo moderato e cesellature di chitarra evidenti. Le particolarità della sorte sono descritte con l’aiuto di un tappeto di drumming inquieto e vibrante.
Si prosegue con L’ultima notte del mondo, parata di artisti celebri (e morti) su musiche allucinatorie e abrasive, in attesa di un’apocalisse consumata tra i giacinti.
Fred è in realtà Friedrich Nietzsche, qui ritratto durante una passeggiata immaginaria a Venezia, tra divieti alimentari e una verità nuda e spaventosa.
Disgrazie possibili sono protagoniste di Mia madre e la morte del gen. José Sanjurjo, racconto di un curioso episodio della storia di Spagna e delle sue analogie con le apprensioni genitoriali.
Vedremo domani è l’arrivederci del disco, un inno alla procrastinazione e all’autoassoluzione, con un lavoro di chitarra in questo caso particolarmente dolce, almeno episodicamente.
Si sente ancora il sapore degli anni Novanta nel disco dei Massimo Volume, in fondo sempre piuttosto uguali a se stessi. Ma c’è un certo stupore nello scoprire come questa coerenza, anche sonora, di fondo, risulti estremamente attuale, non abbia perso un battito nel corso degli anni.
Discorsi simili si devono fare per i testi, che non aspirano a raccontare l’oggi, ma piuttosto un quotidiano universale che trascende la cronaca e guarda più in là. E delle volte, guardando, prova sentimenti di sgomento.