Oggi, 20 ottobre ’20 (o, in numeri romani XX-X-XX) esce Le curve del buio, il disco d’esordio di Matteo Carmignani. Toscano, trapiantato in Veneto, Carmignani è un esordiente un po’ fuori dal comune, viste le numerose esperienze alle spalle e la maturità che traspare dalle tracce del disco. L’uscita è accompagnata dal primo video ufficiale, quello di Il posto al sole. Sotto al clip, la nostra intervista.
Hai scelto una data con molte X per la tua prima uscita ufficiale… Si potrebbe pensare, algebricamente, anche a molte incognite…
Diciamo che in un periodo storico come questo le incognite per quanto riguarda il settore musica, spettacolo e cultura in generale, ci sono indipendentemente dal gioco grafico delle X, ma la scelta del giorno è avvenuta in coerenza con la data palindroma che avevo pensato come prima uscita, lo 02022020. Mi piaceva trovare una data che potesse restare in testa e il 20.10.20, o meglio XX.X.XX mi piaceva. Le incognite poi, giochi di numeri e cifre a parte, ci sono sempre quando ti esponi e proponi qualcosa di tuo.
Sei un esordiente un po’ atipico. Ci racconti che cos’hai fatto finora?
Inizio il mio percorso nella musica come cantante chitarrista negli anni Novanta con gli Alkimia, una rock band dalle influenze new wave della provincia fiorentina, e che fin dagli esordi ha sempre proposto musica originale in italiano, e nella quale scrivevo sia testi che melodie. La band rimane attiva fino alla fine degli anni Novanta, quando poi cambia nome e direzione musicale diventando Oronero. In quegli anni abbiamo avuto una intensa attività live, era bellissimo e suonavamo le nostre canzoni ovunque, su tanti palchi di tutta la Toscana e spesso anche fuori regione.
Questo ci ha permesso di essere tra le tracce di diverse compilation della scena indipendente italiana di allora, quando la parola “indipendente” aveva un significato decisamente diverso da oggi. Era un momento bellissimo per la musica, in quel periodo poi abbiamo preso parte a numerosi concorsi musicali nazionali e siamo entrati in contatto con le maggiori major discografiche del Paese.
Per lavoro poi mi trasferisco a vivere a New York dove resto per circa nove anni. Parallelamente al mio lavoro in architettura e nell’industria delle costruzioni, mi dedico a un progetto di musica elettronica che si concretizza in Diamonds, il primo CD di Fishdump, nome d’arte per questo progetto solista nel quale suono, compongo, e edito l’intera tracklist di brani cantati e strumentali tra ambient e trip hop. Il progetto lo avevo iniziato a Firenze e poi l’ho completato e mixato a Brooklyn, ma a oggi non è stato ancora pubblicato. Ho ricominciato a scrivere per la musica nel 2017 quando ho risentito il bisogno di tornare a scrivere canzoni ed è da quel momento che ho iniziato a gettare le basi per questo disco.
Hai già esordito sia come romanziere sia come poeta. Che differenza c’è con questo esordio?
Non mi sento uno scrittore, né tantomeno un poeta. Distinguiamo le due definizioni però, ho iniziato a scrivere perché avevo voglia di rivivere un periodo della mia vita al quale ero molto legato, e pagina dopo pagina è uscito un romanzo, Il momento di partire, un memoir che racconta un pezzo della mia vita a cavallo tra musica, lavoro e i miei anni a New York. È un racconto intenso, che è stato pubblicato grazie a mia moglie Roberta che si è occupata di tutto.
Sono pagine fatte di tanta musica vissuta con la mia band e da solo, di amici e storie che ti restano addosso, è pieno di passione e di voglia di conoscere per conoscersi. Ci sono pezzi di vita a New York, di libertà, di lavoro, di scoperte e di incontri che ti segnano e che ti porti dentro per sempre. La musica accompagna la lettura grazie alla track list dei brani (che tra l’altro è su Spotify con il titolo del libro) che accompagna il protagonista nel racconto. Sicuramente, riaprire la memoria e affacciarmi di nuovo su quel pezzo della mia vita, ha contribuito a farmi riprendere a scrivere per fare musica e canzoni.
Mentre la definizione di “poeta” che ritengo irriverente nel rispetto di chi la merita davvero, credo si riferisca a Le memorie della speme, un piccolo breviario goliardico di poesie in prosa che racconta situazioni surreali e grottesche. È stato solo un gioco di scrittura che mi ha divertito tantissimo e che regalo agli amici.
Spiegaci il titolo dell’album, Le curve del buio

Le curve del buio è un viaggio interiore che racconta l’introspezione dell’anima. Pur cercando di tenerci tutto dentro e nascosto, ho capito che arriva prima o poi il momento in cui dobbiamo confrontarci con noi stessi e metterci in gioco. Il percorso necessario per raggiungere quel luogo dentro di noi che spesso preferiamo evitare per non trovarci ancora di fronte al nostro passato e a tutto ciò che di irrisolto ci portiamo dentro.
Ogni canzone è una tappa di questo viaggio, del mio viaggio, un cammino musicale che attraversa tutti i nostri stati emotivi facendoci rivivere le relazioni e gli eventi che nel vivere ci hanno segnato. Sono canzoni che raccontano storie incompiute, della nostra immobilità o indecisione per scelte che non sempre abbiamo saputo fare, di amori che abbiamo vissuto e rapporti che forse abbiamo chiuso male o troppo in fretta. Tutto questo ci ha lasciato addosso tagli ancora vivi da dove emergono le nostre debolezze e le memorie che ci rincorrono sempre.
Lo considero un concept album perché le canzoni sono legate l’una all’altra come le curve di una discesa senza fine, portandoci di nuovo a scontrarci con tutti quei quesiti lasciati senza risposta. In questo buio interiore vaghiamo alla ricerca di una luce che sia da guida per smettere di vivere seguendo credenze e le illusioni che ci hanno spesso condizionato. Non è un disco semplice per i contenuti, ma di sicuro rispecchia i miei stati d’animo e il mio bisogno di continuare a crescere guardandomi dentro.
Si direbbe che tu abbia scelto suoni e parole dell’album un po’ allo stesso modo: con molta cura, quasi soppesandole una per una. Qual è stato il tuo metodo di lavoro?
Quando scrivo uso quasi esclusivamente la chitarra e lavoro su voce e testo insieme. Non ho mai scisso le due fasi all’inizio, sono sempre andate di pari passo e solo successivamente lavoro su entrambe in maniera distinta. Voce, parola e melodia costituiscono la base sopra la quale immagino il mondo musicale che definisce il brano. Da qui, infatti, inizia il lavoro più complesso, la ricerca e la definizione degli spazi musicali. Le strutture delle canzoni variano perché non seguo schemi, ho diversi brani senza un vero e proprio ritornello o con ritornelli che ripetono la parte melodica ma cambiano le parole.
Per questo disco il lavoro è stato estremamente lungo e pensato, anche perché all’inizio il progetto era nato con l’idea di registrare un ep, poi invece ho continuato a scrivere, trovando coerenza tra i brani e un filo conduttore che li legava e questo ha iniziato a convincermi che fosse un progetto che potesse completarsi come un disco. Il lavoro fatto in preproduzione sia sui testi che sulla atmosfera e sul mondo musicale, sulle melodie, la scelta degli strumenti e delle orchestrazioni è poi continuato prendendo forma in studio, con i musicisti che hanno dimostrato una disponibilità e sensibilità eccezionali sposando appieno l’idea sonora del progetto.
Come si sono sedimentate le canzoni nell’album? Tutte insieme oppure una per volta, nel corso del tempo?
E’ avvenuto tutto lentamente… La musica e lo scrivere per la musica hanno sempre fatto parte della mia vita, e dopo una lunga pausa ho sentito il bisogno di ricominciare a farlo, stimolato forse dal fatto che in quel periodo stavo lavorando alla scrittura del mio primo romanzo, Il momento di partire.
È stata una sorpresa, dopo tanti anni mi sentivo fresco, distante dalle influenze del mio passato musicale. L’ho preso come un segno di maturità, di crescita. Dopo un po’ di giorni preso a girare intorno a parole e musica, sono tornato in studio e la prima sera ho sentito che si era riaccesa la fiamma…
Nel primo mese ho scritto tre pezzi e nei giorni successivi ho continuato a buttare giù idee per altri… Ho fatto tutto voce e chitarra ma quello che scrivevo e suonavo lo pensavo già con un vestito sonoro e ritmico ben definito, lontano dai riferimenti musicali a cui ero legato con la mia band.
Riascoltando i brani a distanza di tempo, anche solo voce e chitarra, mi sono reso conto che erano tutti legati da un filo che li teneva tutti insieme, sia nella scrittura che nei temi e nelle soluzioni sonore che immaginavo e di cui ne descrivevo gli aspetti, e da qui ha preso forma il disco.

Vuoi raccontare qualcosa rispetto ai tuoi collaboratori nell’album?
Già dall’inizio avevo scelto di voler lavorare alle canzoni con musicisti che non conoscevo, volevo essere “neutro” nell’approccio musicale senza conoscere troppo le qualità o il gusto musicale di chi avrebbe lavorato con me sui brani. Fatta la stesura di base dei brani e delle armonie, ho iniziato a lavorare sui suoni e specialmente sulla chitarra, insieme a un chitarrista, Matteo Tassetto, conosciuto per caso per frequentazioni comuni. Ci ha legato da subito una forte empatia e lui si è buttato a capofitto nel progetto dando la sua disponibilità a lavorare con me a questo progetto.
È un ragazzo e un musicista sensibile, attento e con una grande qualità, riuscire a trasformare in musica le mie descrizioni sonore e le mie idee. Siamo stati giorni a parlare del suono delle canzoni, di quello della sua chitarra, delle batterie, del contesto sonoro e armonico, il buio e gli stralci di luce che dovevamo inserire per delineare le prospettive del disco a livello sonoro. Insieme abbiamo fatto un lavoro enorme e lui è stato fondamentale si è poi occupato di tutto l’editing della preproduzione, realizzando una sorta di demotape evoluto che ho presentato poi a Fabrizio Simoncioni.
Fabrizio Simoncioni, o meglio “Simoncia”, lo conosce tutto il mondo, le sue capacità, i successi musicali che ha ricevuto, sia come musicista con Ligabue prima e Litfiba oggi tra gli altri, che come ingegnere del suono. Io l’ho conosciuto grazie a connessioni astrali, legami che continuano a tenere unite le persone anche quando se ne vanno via… Quando, dopo il primo ascolto dei brani mi ha detto che avrebbe prodotto il mio disco sono stato venti minuti a Prato sotto la pioggia per cercare di svegliarmi…
Oltre a capacità tecniche assolute, al talento e alla lunga esperienza, ha un dono grande, sa farti rendere al massimo, toccando i tasti giusti. È musicista di rara sensibilità e attento lettore di emozioni musicali, ha saputo entrare nelle canzoni, a rispettarne ed esaltarne l’anima rendendo il loro mondo ancora più magico. Ho passato oltre un anno con lui e non c’è mai stato un giorno in cui non ho ringraziato chi me lo ha fatto conoscere. È un amico, una persona vera ed è pure ganzo. Mi mancano il DpoT, i caffè, il Palo Santo, il rhum, il puzzo di Sigaro Toscano e i pranzi al Cantiere, ma ci torneremo eccome…
Tutte le batterie le ha suonate Fabrizio Morganti, uomo e professionista monumentale e con una musicalità unica, suona con i più grandi artisti italiani, suonarci e vederlo registrare in studio per me è stata un’esperienza bellissima, ha saputo leggere il ruolo della batteria nel disco come solo i grandi sanno fare, ha sempre aggiustato le sue partiture in funzione dei brani che conosceva quasi a memoria. È rimasto entusiasta del risultato finale, dei brani e dell’impatto sonoro di tutto il disco e questo mi ha riempito di orgoglio.
Il basso lo ha suonato Mauro Lallo. Mauro è speciale e conoscendolo, giorno dopo giorno, ho capito che è lui il folletto delle fiabe, la fata dei dentini, l’elfo della Terra di Mezzo, è un personaggio unico e un bassista di assoluto talento e sensibilità. Avevo molto timore a registrare il basso, per il legame che ho verso lo strumento e verso chi è sempre stato al mio fianco con il basso e ora lo è dal cielo… Quando abbiamo registrato le sue parti ho avuto sempre la pelle d’oca per quel suono così speciale e per l’anima, il gusto, e il cuore che Mauro ha messo dentro ogni singolo brano. Grazie Mauro, davvero.
Con Giuseppe Scarpato l’incontro è stato bellissimo. Lui è uno dei più grandi chitarristi italiani, napoletano di origine, simpaticissimo e molto disponibile adesso vive a Firenze, suona da una vita con Edoardo Bennato e poi gira l’Italia tenendo seminari sulla chitarra e suonando blues con molte sue band, è un mito! Stavamo lavorando alle prime chitarre e Fabrizio lo chiamò perché voleva una Gibson da usare su un brano.
Lui arrivò in studio e ricordo che restò molto intrigato dai pezzi e dalle sonorità del disco, e quando Simoncia gli chiese se volesse suonare in un paio di canzoni, prese le chitarre e dopo un po’ di ascolti e di prove con Matteo Tassetto, ci lasciò tutti a bocca aperta registrando le sue chitarre su due canzoni, due perle stupende. Giuseppe è un professionista eccezionale con un gusto musicale distintivo, un suono pazzesco e sono orgoglioso di averlo avuto nel disco.
Durante la fase di preproduzione hanno partecipato anche Mario Mazzantini, il tastierista con cui ho condiviso quindici anni di musica insieme. Con lui non ho tenuto fede al mio credo iniziale, ma ne è valsa la pena, ha suonato le tastiere in un brano e sono felicissimo di ciò che ha fatto e perché lui c’è sempre.
Lorenzo Capelli invece l’ho conosciuto insieme a Roberta Mattei, l’attrice del video, che ha accompagnato in studio quando è venuta ad ascoltare i rough del disco. È un compositore, pianista e scrive colonne sonore. Mentre ascoltava uno dei brani del disco ha iniziato a scrivere una orchestrazione di archi a chiusura di uno dei brani e alla sera quel suo cameo era nelle tracce del disco. La musica e la sua bellezza fanno accadere anche questo.
Ringrazio anche Nicola Albano, Produttore della Daigo Music e insegnante di piano di mia figlia Viola che mi ha aiutato nella scrittura di due tracce di piano che sono state le basi per due pezzi del disco. È un professionista e un amico di una gentilezza e disponibilità unica.
Vorrei sapere qualcosa di più anche del video che accompagna l’uscita dell’album, Il posto al sole
Il video è nato insieme al regista, Geremia Vinattieri e all’attrice Roberta Mattei. Roberta Mattei era la donna che ho sempre pensato perfetta per il video. Ci siamo dati appuntamento in studio a Prato durante le registrazioni e lei è venuta a trovarmi per ascoltare i brani del disco ed è rimasta entusiasta del progetto. Geremia Vinattieri l’ho conosciuto in studio quasi alla fine delle registrazioni e abbiamo deciso di collaborare insieme sullo storyboard e sulle location.
Gran parte del video è stato girato a gennaio 2020 prima delle chiusure legate al Covid sul Delta del Po, tra Scardovari e Porto Tolle, mentre gli interni sono stati girati a Padova e a Dolo, nell’Osteria dei Molini, dentro ai Mulini del ‘500. Hanno collaborato anche Francesco Giacomel Direttore della Fotografia, Matteo Basei Operatore Drone, Moreno Dorigo (Griff Parrucchieri, Dolo) Trucco a Acconciatura, Marco Rostellato e Francesco Furlanetto fotografi di scena.
Immagino che anche per te la situazione live sia del tutto aleatoria. Hai in programma qualcosa, di più o meno certo?
No, sono in standby come tutti gli altri artisti. Spero si riesca a far ripartire tutto il movimento cultura e spettacolo quanto prima, è un settore in difficoltà sia per gli artisti che per tutti i professionisti che muovono questa macchina bellissima. La manifestazione di “Bauli in Piazza” fatta a Milano ha mostrato ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, che le migliaia di persone di questa industria soffrono per le non decisioni delle autorità competenti. Si meritano la solidarietà e il supporto di tutti, l’arte ha bisogno di loro e il mondo ha bisogno dell’arte, di tutte le arti.
Che cosa succede adesso? Quali sono i tuoi programmi seguenti l’uscita dell’album?
Sto completando l’artwork delle copertine del cd e del vinile e iniziando a lavorare a un video per il secondo estratto dell’album, aspettando che la situazione live si evolva. I supporti fisici usciranno tra pochi mesi, devo ancora decidere quando, ma presto.
Sono positivo, ho sempre cercato di vivere seguendo le mie passioni, non quelle che impari ad apprezzare crescendo, ma quelle che sono venute a cercarti quando sei nato, e che ti sono sempre restate dentro, come la voglia di scrivere e di legare musica e melodia alle parole. Quindi continuerò a scrivere canzoni con l’idea di registrare un nuovo disco, magari alla fine del 2021… vediamo cosa succederà nei prossimi mesi.