Mattia Faes: la vita dell’artista indipendente è un bel tetris
Graffiti è il nuovo singolo di Mattia Faes, che prosegue la ricerca di un pop contaminato da arie folk e jazz, in equilibrio tra stimoli esterni e pulsioni interiori. Lo abbiamo intervistato.
Ciao Mattia, innanzitutto come stai e come sta andando la tua vita recentemente?
Ciao!! Sto bene dai, la solita baraonda. La vita dell’artista indipendente è un bel tetris, cerco di farci stare dentro un po’ tutto: lavoro, musica e amore. Ritagliarsi lo spazio da dedicare alla passione non è sempre facile ma si fa. Insomma non mi annoio.
Abbiamo visto che di recente hai fatto qualche live: mi parli della formazione in trio? Come si sviluppa lo show?
Sì, finalmente dopo anni di concerti in solo acustico chitarra e voce sono riuscito ad ampliare un po’ la formazione: collaboro stabilmente sia in studio che in concerto con Martin Nicastro al violino e Fabrizio Carriero alla batteria. Il violino porta quella dimensione chamber pop dei miei arrangiamenti un po’ barocchi che è splendido poter riproporre almeno in parte dal vivo. La batteria ci dà una spinta in più, fa ballare e ti prende dritta nella pancia.
Così lo spettacolo dal vivo coinvolge più facilmente l’ascoltatore e i brani assomigliano di più a come li ho pensati quando li registro nel mio home studio. Di solito a metà show piazzo due-tre pezzi da solo chitarra e voce per dare un po’ di respiro e ritrovare quella dimensione intimistica da folk del cuore.
Poi richiamo i ragazzi sul palco, perché suonare insieme a sentire i miei pezzi che prendono vita grazie al contributo e all’intelligenza musicale di queste splendide persone mi emoziona sempre tanto. E il fatto di aver trovato in loro non solo dei collaboratori nell’arte ma anche degli amici nella vita è una fortuna incredibile.
In Graffiti parli molto di insicurezze: quali sono le più grandi che devi fronteggiare?
Abbiamo tutti le nostre battaglie personali con nodi da sbrogliare, la maggior parte ce li portiamo dentro fin da piccoli. L’insicurezza di cui parlo in Graffiti si riferisce principalmente a quel senso di non appartenere del tutto al contesto nel quale vivo. Una società complessa nei cui valori non sempre mi rispecchio, e a volte mi sento perso in una foresta di idee e notizie che spesso fatico a decifrare. Ho pensato di condividere questo sentimento, magari chi ascolta ci si riconosce e si sente un po’ meno in solitudine.
Ci sono altre insicurezze, forse più personali. Cicatrici che nascondo in bella vista sin da piccolo, e mi domando se mettere la mia faccia sulla copertina dei dischi e sotto i riflettori le renda più evidenti. Rincorrere sogni e passioni che ho imparato a progettare e proteggere almeno in parte nel corso di tanti anni ma ogni tanto (spesso in realtà) mi chiedo se sia sensato continuare a perseguire, sono sulla strada giusta?
Ma in Graffiti c’è una sorta di lieto fine, un’accettazione del mio senso di esistere e una presa di coscienza dei miei veri e più profondi sentimenti, ed è cavalcando questi che mi avvicino alla felicità. Questo è quello che sento.
Nonostante racconti di esserti un po’ perso lungo il testo, il brano ha un ritmo abbastanza vivace, il che fa pensare che il perdersi abbia anche i suoi lati positivi, è così?
Esatto, a volte bisogna perdersi del tutto per ritrovare quel senso di sè dimenticato in mezzo a tutti gli slogan e le notizie che ci frullano in testa. E alla fine l’importante è continuare a ballare, no? Finché la musica non si ferma! E scrivendo questo pezzo cavalcavo comunque un sentimento positivo, di rinascita e spinta verso la vita. Ci voleva un ritmo incalzante!
Quanti strumenti compaiono in Graffiti?
Parecchi! Alcuni più in primo piano, altri nascosti. Ci sono tre chitarre classiche, una al centro (la solita colonna vertebrale della canzone) e due ai lati che completano l’armonia. Il basso, all’inizio mixato tutto a destra e poi torna al centro. La batteria, per la prima metà del brano suonata con le dita a modi percussioni e tamburelli e poi pestata con spazzole nella seconda metà del brano.
Due parti di violino un po’ vintage che diventano tre nel l’arrangiamento baroccheggiante della coda. Un synth monodico tipo sub molto basso e graffiante che aggiunge un po’ di ciccia sui ritornelli, e dei campionamenti di pianoforte acustico poi distorti e spalmati su nastro che creano un po’ di atmosfera in sottofondo. Ci sono una voce principale e un coretto un po’ nascosto che armonizza sui ritornelli.
Che cosa simboleggiano i Graffiti nella canzone?
I Graffiti del testo sono un riferimento a slogan, tweet, post sui social e frasi ad effetto, notizie vere e false, commenti sulle notizie e commenti sui commenti delle notizie che ci vorticano davanti agli occhi e dentro le orecchie tutti i giorni. Non solo i media e le pubblicità, anche le opinioni nostre e di chi ci circonda che cercano spazio e ricoprono quelle precedenti a volte con un escalation di volume per sovrastare tutto il rumore (creando ulteriore rumore). Una grande confusione fuori e dentro la mia testa.
Nella musica e non, cosa ci aspetta nel futuro di Mattia Faes?
Ah, bella domanda! Continuo a fare piani di stabilità e poi a disfarli per aggiustare la rotta, altrimenti che noia. Vivere e andare avanti significa esplorare terre sconosciute e per forza di cose il percorso va rintracciato periodicamente. E gli incontri lungo la strada sono una cosa meravigliosa e sorprendente e ci spingono ancora verso terre incredibili e sconosciute.
A ogni modo gli ultimi anni li ho dedicati anche a costruirmi questo rifugio, una casa-studio milanese che nei prossimi mesi vorrei sfruttare per finire di registrare questo disco (forse un ep forse un lp) di cui fanno parte Graffiti e Punti di vista.
Il disco successivo sarà, rullo di tamburi, in inglese perché andando avanti sono tornato un po’ alle origini e sto scrivendo nella lingua dei miei amori musicali e non. In parallelo mi piacerebbe produrre qualcosa per altri artisti, e/o collaborate alla musica mia con altri produttori. Sento che ho tanto da imparare da questa esperienze. E nel frattempo spero di finire uno dei cinque libri che ho iniziato a leggere e che stanno impilati sul mio comodino.
Mattia Faes non è di certo un artista da hit estiva, ma se dovessi scriverne una che titolo le daresti?
Mah io ancora ci spero, sentire una bella Graffiti sparata a tutto volume dal finestrino aperto di un’auto che sfreccia verso il mare. Sognare non costa nulla.
Se però dovessi sedermi a scrivere un pezzo per l’estate s’intitolerebbe tipo Mi sciolgo (per te) e ci sarebbe tutto un gioco su El Niño e La Niña che si rincorrono tipo due amanti e la caldazza che ci scioglierà tutti. Dai che mi ispira adesso la scrivo per davvero!