Michele Piano, giovane compositore pugliese trapiantato da qualche nella provincia lombarda, ha pubblicato il proprio esordio, dal titolo enigmatico Nïnde. Lo abbiamo intervistato.
Chi è Michele Piano?
Sono un pianista pugliese trasferitosi da qualche anno a Milano. Ho frequentato il conservatorio di Rodi Garganico, un paese piccolissimo sul mare del Gargano. Un’isola felice dove ho incontrato insegnanti “illuminati” e non estremisti. Il mio percorso è stato come tutti classico, ma ho lavorato comunque su più fronti; infatti da anni suono lo “Stride Piano”, lo swing dagli anni ‘20 ai ’40 per intenderci.
Parallelamente al pianoforte ho studiato composizione, lavorando anche per film, ma la passione per l’ambient e l’elettronica è arrivata quando ho cominciato a usare i sintetizzatori; successivamente ho coltivato questo genere con l’ausilio di nuovi strumenti elettronici e con le registrazioni.
Ho provato a cercare “Nïnde” su google translate, ma l’app è entrata in difficoltà. Che lingua è e che cosa significa?
Nïnde, ma anche gli altri titoli dell’album non possono essere tradotti: o meglio hanno un significato, ma non proprio letterale. Più che della singola parola vi parlo del concetto di Nïnde: comincio col dire che ho voluto richiamare, attraverso lunghe melodie e sonorità elettroniche, un ambient minimale alla ricerca di un’armonia che va a rifarsi alla forma “corale”.
Ho utilizzato per scelta compositiva elementi armonici primordiali, frutto di molti studi contrappuntistici; considero infatti accordi di 3 – 4 note sintesi perfetta tra armonia e melodia. La scelta principale è stata quella del “loop”, della ciclicità, quasi a richiamare la figura del cerchio che per me rappresenta lo stato primitivo della natura uniforme e trasparente.
Nïnde è un mondo disabitato e vuoto dove all’essere umano non è permesso accedere, forse perché già reso inabitabile in passato da qualcuno. Una terra statica dove è ancora presente l’eco di quei suoni che rivivono attraverso una successione continua e invariabile di eventi.
Come sono andate le lavorazioni di questo disco?
Il disco è totalmente autoprodotto, quindi suonato e registrato nel mio piccolo studio da luglio a novembre 2019. Ho utilizzato tastiere e sintetizzatori analogici. Anche i lunghi riverberi che sentirete non sono stati impostati attraverso strumenti digitali. La chitarra in Nïnde e Fuci Copi è di Francesco Tamburrano mentre P. Francavilla si è occupato del mastering. L’artwork è di Sandro Army.
Quali sono i tuoi punti di riferimento musicali?
Come ho detto prima il genere in cui mi sto specializzando e suonando in concerti è lo “Stride Piano”, tutto l’opposto dell’ambient e del minimalismo, essendo quello un genere pianistico per certi versi massimalista. L’ambient, appunto, è per me una grande passione e ho deciso in qualche modo di renderla un progetto parallelo, anche per questo ho voluto esasperarla. Le mie influenze arrivano da ogni dove, a partire da compositori come Philip Glass, Steve Reich, Arvo Part e Brian Eno, ma anche più moderni e di facile ascolto come gli Hammock.
Quali saranno i tuoi prossimi passi?
Di sicuro ritengo questo progetto interessante, per questo voglio portarlo in giro. Dopo la presentazione del disco fatta recentemente, farò qualche altro concerto a breve tra la Puglia e la Lombardia dove insegno pianoforte in una scuola media.
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