Con l’anticipazione dello scombussolante singolo Peggio di niente, i Ministri tornano con il loro ep Cronaca nera e musica leggera e si preparano a una stagione che, almeno su carta, sembra aver riaperto le porte agli spettacoli dal vivo. L’artwork è in realtà un omaggio al progetto grafico di Bruno Munari per le collane dell’editore Einaudi, precisamente Piccola Biblioteca Einaudi e Nuovo Politecnico.
Raccontano i Ministri: “Cronaca nera e musica leggera ci suonava già dal titolo come una sorta di saggio mai scritto. Tra le altre cose, parla di confusione e di crisi dei saperi, della progressiva scomparsa di una qualche verità condivisa. I saggi Einaudi sono stati la quintessenza della nostra infanzia, i libri dei grandi, e i loro quadrati erano il simbolo di un sapere con la S maiuscola, moderno ma autorevole. E, in più, elegantissimo. Omaggiarle è un modo per rivederle, farle rivedere e in qualche modo trovare conforto“.
Sono tante le sensazioni che si provano durante l’ascolto: la musica spettina, come sempre soltanto il rock suonato bene sa fare, i testi graffiano, il conforto si trova nella condivisione e nella consapevolezza che non siamo soli a provare questo malessere alla bocca dello stomaco.
Ministri traccia per traccia
Ho visto gente bestiale calpestare altra gente / ed era peggio di niente, ed era peggio di niente
Primo brano estratto, primo pezzo in scaletta, Peggio di niente è la sintesi del fallimento dell’essere umano. Una pandemia, da sola, non bastava: l’attenzione di Divi e i suoi è per chi, in una cornice come quella in cui ci muoviamo da ormai più di un anno, è riuscito a mettere gli uni contro gli altri lanciando accuse, creando sospetti e diffidenza senza alcuna ragione. “Quello sì, è stato peggio di niente” hanno raccontato in occasione dell’uscita. Il video è un’esplosione di violenza nonostante le immagini siano puramente evocative: abiti bianchi, tavola imbandita, e sangue che scorre nella totale noncuranza dei commensali. Uno scenario già visto, purtroppo, ma assolutamente sempre troppo attuale per smettere di parlarne.
E sperano che tutto vada bene / per poter restare lì a guardare / e parlare solo con il mare
Bagnini continua a dare la scossa, ché non ci si può certo addormentare. Sensi di colpa costanti, tanti amici ma per finta, lavori per sfinimento, notizie false ormai consolidate: lo scenario non è certo quello che speravamo. L’attitudine è quella di navigare a vista, di guardare l’orizzonte con l’occhio di chi crede di aver capito… e invece non ha ancora capito se stesso, figuriamoci il mare. Il marchio di fabbrica della band è ormai riconosciuto e riconoscibile: una profonda attitudine che ha messo le radici rock e che cresce rigogliosamente insieme ai suoi membri.
Avevo in mano tutto l’universo / avevo un piano ma è finito tutto in un compromesso
Ci vorrebbe il coraggio di andare tutti all’Inferno? Ancora con lo sguardo rivolto fuori dalla finestra, fuori dalle nostre case che sono state prigioni e rifugi in questi lunghi mesi, ancora cercando di smuovere qualcosa che si è evidentemente sedimentato e non riesce a riprendere il suo spazio. Aspettare in silenzio un segno dall’alto ci farà muovere ancora verso la fine? A cosa serve avere un diavolo nel petto? Domande senza risposta, con tante risposte, e tante vie di fuga, da poter tentare.
Ma è così difficile far bene una cosa al giorno / è quasi impossibile pensare se mi state attorno
Cronaca nera e musica leggera (sempre più nera e sempre più leggera) chiude l’ep e il discorso. Il genere umano riesce in qualche modo a stare un po’ meno simpatico nel suo complesso, al termine dell’ascolto, perché gli accenti sono messi su quanto di più fastidioso sia in circolazione tra i difetti considerati accettabili: l’impossibilità di pensare e di essere con la propria testa, senza interferenze, giudizi, morali. Saremmo veramente noi, se intorno ci fossero altre persone, altre anime, altri doveri? Probabilmente la risposta è si. Allora facciamoci caso.
…e facciamo caso quando esce un ep che sradica mesi di inerzia e li fa rotolare a valle, portando con sé perbenismo sporco e rassegnazione pallida: il rock è sempre rock, e sempre farà muovere teste e gambe. Ma la fotografia che queste tracce riescono a catturare è fatta non solo di musica, ma di parole urlate e di sottintesi che urlano ancora più forte.
Genere musicale: rock
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