Mobrici, “Gli anni di Cristo”: recensione e streaming

Mobrici è tornato. Anzi, in realtà sarebbe più corretto dire che non se n’è mai andato veramente: dopo tre singoli ad anticiparne l’uscita, ecco che è arrivato a vedere la luce Gli anni di Cristo, nuovo capitolo dell’avventura solista dell’ex frontman dei Canova. Un disco scritto interamente all’età di 33 anni, pieno zeppo di domande che caratterizzano una generazione, tenute insieme dall’attitudine fresca e scanzonata che piace da sempre e dalla voglia di cantare a squarciagola i ritornelli. Forse questa è una delle caratteristiche dell’indie che fu, e che a volte tenta ancora di far capolino: farti venire la presa male e nello stesso momento farti cantare perché proprio non ne puoi fare a meno.

Ascoltando tutto l’album nel suo insieme, trovo che sia un disco pieno di domande. Da ‘Vuoi venire con me?’ di Sere, ad ‘Amore mio dove sei?’, ‘Aver figli oggi o non averne mai nessuno?’ a ‘Vita mia, vuoi lasciarmi vivere?’. Sono domande che faccio a me stesso, alla vita, e a chi mi circonda. Sono tutte canzoni che ho scritto nell’arco di quest’anno, l’anno dei miei 33 anni” spiega Matteo, che vuole raccontarsi ancora una volta attraverso situazioni e sensazioni, tra disagi e nuove consapevolezze.

Mobrici traccia per traccia

Vuoi venire con me?

Disco elettronica per una sorta di lunga intro, intitolata Sexe e che spiazza chi si aspettava un inizio con il botto, tra piantini e battute, risate e malinconie.

E non sapevi cosa fosse l’amore / Figurati a pensare che potesse finire

In una sorta di continuum per quanto riguarda le canzoni d’amore di Mobrici, Piccola porta due anime perse in un’atmosfera alla Vasco Rossi vecchia maniera. Un amore giovane, forse troppo per riuscire a contenerlo, un addio necessario e una presa di coscienza che a posteriori serve sempre e solo a non commettere gli stessi sbagli, fino a rendersi conto che andare via, talvolta, è la scelta migliore che si possa fare.

Con quel che costano le case / mio nonno ci avrebbe comprato una villa, un pollaio, un paese, un tappeto cinese

Uno spaccato crudo e crudele sul bivio più grande nella vita di un trentenne: fare o non fare un figlio? Questo il tema attorno a cui si muove Figli del futuro, dove si mettono da parte le granitiche certezze del “finita l’università ci si sposa e si fanno figli” e si incomincia a capire che con quel che costano le case e con quel che costa il futuro forse non sarà così semplice.

Il mood è quello spensierato ma non troppo della produzione di Mobrici, della serie non ci pensiamo, beviamoci e balliamo, che ti verrebbe anche voglia di cantare se non fosse che si sta sgretolando la terra sotto i piedi.

C’è ancora qualcosa che vorrei sprecare / ho ancora tanti errori da commettere / ti prego lasciameli fare

Il primo ospite de Gli anni di Cristo non poteva che essere Vasco Brondi, che fa il suo e lo fa sempre bene. Insieme a Mobrici dà vita a una ballata morbida e accorata, Amore mio dove sei, che racconta a due voci e due cuori di lontane e vicine presenze, intese come vicinanze di spirito e di anime e non solo di corpi che si incontrano. Potrebbe cascare anche una lacrimuccia, ma è solo la luce di una centrale elettrica che ti è entrata nell’occhio.

E ora mi guardi come se io fossi l’ultimo coglione / almeno quando ero il primo mi tenevi vicino come un accendino

In Kaiserkeller ci si dimena ancora: una vita da rockstar e da groupie, che da un momento all’altro si ribalta e quel che prima sembrava inarrivabile e affascinante perde magia, diventa quotidiano, fino a sparire e a lasciar spazio a qualcos’altro.

Luna non conosceva le persone importanti / mirava ad avere un futuro senza rimpianti

Una storia d’amore, quella di Luna: per se stessi, per la vita, per il futuro che si vorrebbe diverso da come si sta delineando, e di chi prova a dare una nuova dimensione. Non devi scegliere se vivere o morire, tu devi stare con me canta Mobrici, dedicando parole gentili a una vita appannata come i vetri dietro cui si appresta a guardare fuori.

Ma il tuo problema sono io / che non sapevo che per essere felici non basta altro

La presa male per antonomasia in perfetto stile Mobrici: Summer dolce vita potrebbe essere una sorta di capitolo 2 di Manzarek, dove la maglietta dei Doors è superflua e il corpo nudo diventa unico riferimento dei ritornelli. Una relazione che però non scorre così liscia come vorrebbe dar da pensare, come da tradizione social network: una velata malinconia, un qualcosa di non detto, un filtro di troppo e sogni che vanno senza controllo.

Ce l’hai sessanta euro da buttare / per venirmi a trovare?

Distanze che a volte sono incolmabili, e che invece a volte basta un biglietto del treno per annullare: Luci del Colosseo racconta proprio di quel momento in cui decidi di salire su un treno e andare a chiedere scusa, a cercare risposte, a fare semplicemente presenza quando l’assenza sembra togliere il fiato.

Guarda che belle stelle che ci sono / Ma a me piacciono di più / Quando a raccontarmele sei tu

Romantica e un po’ anestetizzata da un bicchiere di vino e da qualche risata leggera, Sophia canta di speranza e di voglia di stare accanto, forse per gioco, forse per passare il tempo, inebriati dall’essenza stessa dell’essere umano. Torna un po’ di elettronica, per quanto limitata all’accentuare il sentire distorto di chi canta.

Vita mia, vuoi tu lasciarmi vivere, vivere?

Quasi sul finire dell’album arriva Revolver, forse l’inno generazionale per eccellenza: una vita che non sa neanche lei da che parte sta andando, una relazione che esiste perché non sa cosa sarebbe il singolo se rimanesse davvero tale, sempre in affanno e sempre in attesa di qualcosa che nemmeno sa che cos’è.

Bella gente qui, bello il posto / faccio una foto, sì, ma non la posto

Nell’ultima traccia Mobrici insieme a Fulminacci tira fuori un pezzo di Fabri Fibra e lo rende qualcosa di nuovo: si tratta di Stavo pensando a te, già proposta come singolo e come esperimento ben riuscito di personalità ben diverse fra loro che si mescolano creando una nuova prospettiva a uno dei pezzi icona del rap italiano.

Fedele a se stesso, alla sua emotività e alla personale attitudine di rendere semplici anche i pensieri più intensi per consentire a tutti di cantarci su.

Genere musicale: indie pop

Se ti piace Mobrici ascolta anche: Canova

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