A quattro anni di distanza dall’ultimo disco di inediti tornano i Modena City Ramblers con il nuovo album Mani come rami, ai piedi radici, in uscita il 10 marzo per l’etichetta della band, Modena City Records, con distribuzione Believe, in cd e vinile a tiratura limitata.
A differenza dei loro ultimi lavori, la band questa volta in studio ricorre al fai da te, con l’eccezione di un’unica collaborazione di grande prestigio: i Calexico impreziosiscono di sapori desertici l’ammaliante ballata My Ghost Town, cantata in inglese e punto di approdo tra orizzonti morriconiani, celtici e tzigani.
Modena City Ramblers traccia per traccia
La partenza è indubbiamente alcolica: Tri bicer ed grapa introduce alle sonorità tipiche della band, con una canzone festosa che può anche essere un manifesto del corso più recente dei MCR. Grande fiume riconduce alle radici geografiche, abbassando i ritmi e mostrando il lato più serio e intenso della produzione del gruppo.
El senor T-Rex accelera, si piega verso i ritmi zingari, aggiunge qualche stilla di gypsy punk e balla tutto il tempo. Anche Gaucho io e te ha una sottotraccia punk rock, anche se non estremista e anche un po’ nostalgica. Welcome to Tirana torna in ambiente balcanico, fisa e tutto, ma l’attitudine è ancora ribelle.
Si viaggia verso Oriente con la bladerunneriana Sogneremo pecore elettriche, che non ha niente di fantascientifico (stiamo parlando dei Modena City Ramblers, rendiamocene conto) ma che segue un andamento sinuoso e saltellante insieme. Arriva poi My Ghost Town, una città popolata dai fantasmi dei Calexico, che trasportano i MCR nel deserto, operando in ambiente western come si conviene loro.
Mani in tasca e rami nel bosco procede su ispirazioni folk celtiche e tradizionali. Anche A un passo verso il cielo si comporta in maniera simile, così come la corale e melodica Volare controvento. Dialetto, punk e orientalismi (o balcanismi) caratterizzano anche la molto energica Ragas Pin de Stras.
Angelo del mattino fornisce un attimo di relax, forse il primo di un disco piuttosto arrembante. Si chiude con una ninna nanna dialettale, Quacet Putein.
Un disco “classico” in stile Modena City Ramblers, forse con qualche sorriso in più rispetto al passato. L’impressione è che la band si sia tagliata nel corso degli anni i panni perfetti. A volte li indossa forse con un po’ troppa indulgenza (qualche strappo in più non ci starebbe male) ma nel complesso il disco è ben riuscito.