Moreno Delsignore: i viaggi migliori sono quelli fatti con il bagaglio leggero
Abbiamo intervistato Moreno Delsignore, artista con una storia importante ed una carriera che arriva da molto lontano. Con questa chiacchierata ripercorriamo la sua storia, i suoi progetti passati e futuri tra visioni e sogni.
Ciao Moreno. Come prima domanda, vuoi raccontarci la tua storia?
Ho cominciato presto a sentire la voce della musica in me, intorno ai 5 anni era già qualcosa di quotidiano e irrinunciabile, poi gli studi di chitarra classica (volevo fare il chitarrista) e a 11 anni i primi live con una band! Le prime esperienze di rilievo con i Mito suonando rock con gli amici dell’adolescenza, scrivendo le prime canzoni e partecipando a Castrocaro nel 1986.
Successivamente lasciai tutto per un’avventura che ancora non aveva una forma precisa ma gli incontri, come spesso accade a chi cerca la propria via, mi condussero alla prima esperienza professionale con gli Staff, gruppo pop/rock composto dai tre fratelli Cattaneo. Le esperienze più pregnanti furono sicuramente: il tour con Maurizio Vandelli e le collaborazioni con Ivana Spagna, Rocky Roberts, Mal.
Sentivo però che qualcosa in me esigeva uno spazio diverso e nel 1993 prese vita Scomunica, una band della quale facevano parte musicisti di altissimo livello: Roberto Gualdi (batteria), Graziano Demurtas (chitarra), Alberto Bollati ( basso) e in breve tempo pubblicammo il primo album, omonimo.
Nel 1996 nonostante molte soddisfazioni tra le quali il festival di Sonoria 1995, le collaborazioni con Giuni Russo e Mauro Pagani, una serata di musica e una breve ma importante collaborazione con Vasco Rossi, le strade si separarono e mi trovai a rifondare completamente la line-up, che trovò un assestamento importante già verso la fine dello stesso anno, nel nucleo Stefano Xotta, Ruggero Pazzaglia, Carmine Savoia, Giuseppe Fasano e una media di circa 200 concerti l’anno che portarono con sé la necessità di dare forma a un rapporto divenuto costante con il pubblico, ormai sempre più amico.
Nacque così il Movimento Scomunica, antesignana community che arrivò a raccogliere circa 4000 iscrizioni, con fan club sparsi in diverse aree del territorio nazionale pronti a raccogliersi in occasione dei Raduni (si arrivò a 14 edizioni), vere e proprie piccole Woodstock, dove musica, incontro e condivisione generarono cose indimenticabili.
Nel 2015, dopo 22 anni, venne il tempo di terminare il viaggio di Scomunica e rendere onore a un percorso che aveva espresso tutto di sé e dalla chiusura del quale sarebbe dipeso il possibile inizio di una nuova fase della mia vita artistica, che poi, giocoforza, spesso non è scindibile dal percorso umano.
Nel 2017 ho avuto l’occasione di una importante sperimentazione artistica e vocale, realizzando l’album “Il mondo a rovescio” Eurasia feat. Moreno Delsignore, pubblicato per la – Banksvillerecords.com.
L’esperienza con gli EURASIA fu qualcosa di inatteso, a cavallo tra Rock/Jazz/Prog/Fusion. Non era semplice “entrare” in un disco nato strumentale, già registrato con tonalità scritte per un’ eventuale voce femminile e contenuti tematici complessi ed articolati, non era facile far diventare “canzone” ciò che non lo era per nascita.
Nel 2018 venne finalmente il tempo della pubblicazione del mio primo album solista Risveglio, che ebbe in realtà una lunghissima gestazione: la scrittura dei brani ebbe inizio nel 2007 e durò circa 3 anni, poi una lunga fase di ricerca e arrangiamenti che per loro stessa caratteristica richiesero un’esecuzione d’insieme per quartetto composto da voce, chitarre, violino, violoncello, ed il disco venne successivamente realizzato così, sempre presso il PFL studio, stratificando soltanto le parti corali ed eventuali strumenti ritmici in buona parte suonati da me. All’interno del disco ci sono quattordici brani inediti capeggiati dai singoli Ascoltami e La scia del sole ma anche due cover d’eccezione High Hopes dei Pink Floyd e Innuendo dei Queen che mi ha visto essere il primo artista italiano a cimentarsi nell’impresa.
L’incontro con la Vrec di David Bonato fece scoccare la scintilla ed ebbe inizio la fase di pubblicazione/promozione attraverso la quale il disco ha ricevuto riscontri entusiastici di critica e pubblico, al punto che nel maggio 2020 è stato ristampato in versione re-master dopo essere stato remixato con un taglio più rock.
Naturalmente a lato del percorso artistico c’è quello della ricerca e della didattica vocale, che ebbe inizio ben 32 anni fa e prosegue insieme alla mia vita, portandomi ad insegnare nelle più importanti strutture nazionali e offrendomi occasione di collaborazione con Enrico Ruggeri, Ce-ce Rogers e molti altri, per arrivare al 2019, anno nel quale ho fondato la scuola https://www.iltempiodellavoce.com che raccoglie questa lunghissima esperienza in un percorso di studio moderno, innovativo, fruibile sempre da qualsiasi dispositivo.
Quant’è importante oggi essere essenziali anche se circondati da musica di plastica?
Con il passare del tempo ti accorgi che i viaggi migliori sono quelli fatti con il bagaglio leggero, innanzitutto perché ciò che metti in valigia potrebbe esserti utile ma spesso si rivela superfluo o vincolante… In musica questo è delicato, perché l’espressione emotiva e la comunicazione mai dovrebbero essere soverchiati dal suono, e poter fluire liberamente ed in modo diretto da chi produce musica a chi l’ascolta.
Molte sono le ragioni che portano a temere l’essenzialità, alla quale si giunge realmente soltanto dopo avere attraversato gli estremi in gradazione, dopo avere intrecciato linee melodiche, parti corali, ritmi e distorsioni per arrivare a sentire che è tempo di spogliarsi, di fare cadere i veli, gli abiti, la forma e portarsi oltre, in quella nudità dell’essere che non teme il giudizio perché non lo pratica più, ed è pronto ad offrire sé stesso nel modo più diretto. Ciò che emergerà naturalmente intorno a questa situazione sarà l’unico arrangiamento richiesto, fosse anche poco o nulla …
Cantare non è semplicemente roba da poco, perché secondo te è uno strumento così sottovalutato? Del tipo prendo un microfono, dico due cose e mi faccio chiamare cantautore?
Il canto è patrimonio di tutti, come ogni altra forma espressiva, tutti hanno diritto di raccontare e raccontarsi, così come tutti giocano con un pallone da ragazzini, poi crescendo avviene una selezione naturale tra chi è avviato ad una professionalità e chi porterà con sé un hobby non per questo meno importante o valido.
Cantare come fare musica richiede una dedizione totale, una vita intera fatta di studio, esperienza, ricerca, fatiche, sofferenze e gioie ma è impensabile saltare a piè pari i passaggi e credere di poter ottenere un risultato. In tal senso occorre dire che spesso passa un messaggio fuorviante per i giovani, ovvero che ci si possa inventare dal nulla e credere di possedere quel talent – o per il quale magicamente si verrà scelti, ecco che invece non basta … perché il rischio di caduta pesante è insito in un’ascesa troppo rapida e non strutturata, dentro un sistema che ha ben poca cura delle depressioni e del disastro che attraversa quelle vite nel dopo.
Purtroppo, i modelli di riferimento del mondo musicale sono profondamente cambiati nei decenni, quando ero ragazzo i cantautori erano: De Andrè, Dalla, Baglioni, De Gregori, Vecchioni, Guccini, Vasco Rossi, Concato, Battiato, Fossati, Lauzi e molti altri … ecco, aprire il canzoniere ti restituiva subito la misura della distanza da quella poetica e da quella qualità artistica, era chiaro fin da subito che per arrivare li sarebbe state necessarie scelte importanti e un impegno infinito.
La voce è lo strumento più difficile di tutti, perché è imprescindibilmente legata alla consapevolezza del soggetto, “canti ciò che sei” anche se a molti non piace sentirlo dire, la voce è cura e guarigione perché attraverso la ricerca di una libera espressione vocale sarai costretto ad osservare, modificare te stesso e la tua vita, viceversa attraverso il cambiamento di te otterrai quella libertà vocale che stavi cercando, vale per tutti, nessuno escluso.
Quali sono state le tue principali influenze musicali?
La musica è meravigliosa, mi accompagna da sempre, e nei vari tratti della mia vita ha portato influenze e colori, penso al rock del Led Zeppelin, Purple, Hendrix, Queen, Bowie come alla scena prog. di PFM, Banco, Area fino ai sopracitati cantautori, ma anche la chitarra classica di Tarrega, il Jazz di Coltrane e Monk, Il Grunge di Pearl jam, Cornell, Nirvana e Temple of the dog e poi di nuovo su verso la new age di Vollenweider, la fusion di Metheny, i ritmi tribali africani e indiani, il nativo americano Bill Miller e poi Sting … l’elenco è veramente infinito, e sono profondamente grato a tutti loro perché il mio mondo musicale, in continuo movimento e trasformazione, ha preso spunti da ognuno.
Ci parli di Chamber Rock? Com’è nata l’idea e perchè?
Non avevo mai fatto un disco come interprete, nonostante una carriera che spesso mi ha visto vestire anche quei panni, ed al contempo avevo desiderio di rileggere il rock lungamente praticato in una forma più essenziale.
Il puzzle prese forma attraverso l’incontro umano ed artistico con Luca Sassi, dapprima mio allievo di canto, poi amico e musicista di valore, formatosi in ambito classico ma profondamente amante del folk, come del grunge e del rock, tutto ebbe inizio dentro un pomeriggio estivo del 2017 sul lago di Como, dove suonammo per puro piacere lasciandoci portare da una visione minimalista, una voce ed una chitarra cercando di arrivare alla sostanza reale dei brani.
Successivamente nell’arco di 1 anno prese forma un repertorio che portammo live in diverse occasioni con ottimo riscontro, quindi il 19 novembre scorso ci recammo presso il PFL studio di Federico Provini, tecnico del suono al mio fianco da 15 anni e co-produttore dei miei ultimi lavori, con l’idea di realizzare alcuni video per il canale YouTube e registrammo in presa diretta audio e video le 10 tracce … il risultato fu notevole, al punto da immaginare potesse divenire un disco, ora è qui … Chamber Rock
Quali sono i tuoi prossimi progetti e quando potremo rivederti dal vivo?
Questo tempo particolare e il recente lockdown hanno imposto uno stop forzato a situazioni che stavano per decollare, per esempio il tour in Germania per la presentazione di Risveglio in collaborazione con Di&Di concerti, l’uscita del nuovo singolo scritto a 6 mani con Stefano Paviani bravissimo autore e Filadelfo Castro amico prezioso e produttore eccellente nel panorama nazionale.
Ma, come si diceva poco fa, nulla accade per caso, e desidero osservare questa situazione come una importante opportunità di rilettura della vita, nei suoi tempi e modalità, nella revisione soggettiva e mi auguro collettiva del rapporto con il nostro pianeta precedentemente martoriato a ogni latitudine da incendi, inquinamento, guerre, dolore e morte… è tempo di cambiamenti epocali, è tempo di lasciare un assetto energetico e sistemico divenuto tossico per la vita stessa, questo inevitabilmente accadrà, lo insegna la storia, se sapremo assecondare e accompagnare questo processo ne saremo testimoni e potremo sopravvivere, pronti ad entrare in una epoca nuova.
Personalmente sono disposto ad attendere il tempo necessario, pronto a portare la mia musica e le mie parole non appena ci saranno opportunità sensate e di valore collettivo.
Nel 2020 desidero arrivare alla pubblicazione del mio primo romanzo, ormai pronto e mentre parliamo sono al lavoro su nuovi brani, avanti dunque, la vita sa più cose di me sto imparando a lasciarla fare.