Mudimbi, “Miguel”: recensione e streaming
A due anni dall’ultimo disco, fuori il nuovo album di Mudimbi, Miguel (distribuito da Artist First), disponibile in streaming, digitale e in versione fisica autografata. In quest’album – nato da un percorso di sperimentazione – oltre che dei testi, l’artista si è occupato per la prima volta anche della produzione e dell’arrangiamento. Il tutto è stato realizzato con il solo utilizzo della sua voce, senza l’ausilio di strumenti. “Non sapendo suonare, ma volendo concretizzare le idee che avevo in testa – commenta infatti l’artista – ho dovuto arrangiarmi usando l’unico strumento che so padroneggiare, la mia voce, per creare tutti i suoni.” Partendo dalla versione grezza realizzata dall’artista, la produzione è poi stata rifinita in studio con i Fire Flowerz.
A proposito del progetto, Mudimbi afferma: “Miguel è il seguito del mio precedente disco, Michel, in un’altra forma. Nato dalla sperimentazione, mi è servito per mettere a frutto quello che ho imparato dall’uscita del precedente album, facendo tesoro di quelle che invece sono sempre state le mie caratteristiche come musicista.”
Mudimbi traccia per traccia
Je suis désolé è l’apertura del disco e mostra un Mudimbi già in ottima forma, sarcastico e tagliente, così pop che questo è stato uno dei singoli. La tematica è, per lo più, l’origine e l’immigrazione, ma con decine di tematiche accessorie e deviazioni.
Si procede con Ballo, che se la fischietta prima di farsi un tantino aggressiva, rispolverando qualche stilema dell’hip hop classico: “Ora diranno Mudimbi è sessista” e in effetti un paio di indizi in questo testo ci sono. Però il tutto è avvolto e immerso in una tale quantità di ironia che è difficile che sfugga. E poi cose tipo “Ero l’Amedeo Minghi di ‘sto pandemonio” fanno perdonare tutto.
Il rapper entra nell’oscuro con Parlami, fittissima nel fraseggio e dialogante, almeno a livello propositivo (anche se parlare con uno che se la canta così fitto non dev’essere facilissimo). La seconda parte del brano si trasforma in una sorta di autocritica ferocissima e senza sconti.
El Matador ritorna in ambiti decisamente più tranquilli e divertiti, balladonsela anche un po’, con qualche influsso latino. Si prosegue con N.°1, che ha un background blueseggiante, mettendosi a confronto con le ansie altrui e lanciando continui link all’attualità. “Lasciatemi perdere/finché non vincerò”.
La tematica del ballo torna, nei suoni e nel testo, anche in Fred Astaire, basata sul concetto di movimento, con centocinquanta citazioni dagli anni Cinquanta in avanti, con un “drumming” (diciamo così) che procede in modo martellante.
Fiesta sudamericana la partenza di Lalala-lalala-lalalala-lalala (il titolo più difficile da trascrivere della storia), mentre il rap si intesse di nuovo di citazioni e di riferimenti danzerecci. Si chiude con i luoghi comuni, sui quali però si costruiscono molte vite, recitati da O.M.P.
C’è molto di divertissement e molto di tecnica in questo nuovo disco di Mudimbi, che decide di non scavare, apparentemente, troppo in profondità, scegliendo temi spesso, ma non sempre, leggeri. Ma non è che tutto l’hip hop dev’essere autocoscienza o storie di riscatto, no? Ne esce un disco di qualità, positivo ed estremamente divertente.