Mudimbi
Un album, Michel, che definisce prima di tutto “onesto” (qui la recensione). Mudimbi porta provocazioni, ironia, attenzione al reale nell’album, in cui racconta se stesso e il mondo che lo circonda. Gli abbiamo rivolto qualche domanda.
Puoi raccontare la tua storia fin qui? 
È molto lunga, sicuri di volerla tutta? Diciamo i punti salienti. Sono nato e vivo tuttora in un luogo lontano chiamato San Benedetto del Tronto. Sono sempre stato mediamente vivace e mediamente intelligente (almeno secondo me). Durante l’adolescenza, mentre cercavo il mio posto nel mondo, mi sono imbattuto nel rap e, dopo i primi anni di odio e amore, ho iniziato a prenderci dimestichezza.
Ho scritto e cantato tanto, come tutti quelli che fanno rap, ma ho scritto per e cantato in contesti totalmente diversi da quelli frequentati da chi fa rap. Un giorno, di qualche anno fa, ho abbracciato l’idea di mollare quest’hobby, che non sarebbe mai diventato nulla di più, e condurre una vita “normale”. Mentre pensavo questo, Radio Deejay scopre una mia canzone. La cosa mi fa drizzare le orecchie e pensare che forse era il caso di provarci seriamente. Passa qualche anno ed eccoci qui.
Racconti che hai voluto un disco prima di tutto onesto. In che cosa si esprime, prima di tutto, l’onestà nelle tracce del disco?
Che sono lì perché mi piacciono, non perché devono esserci. Non c’è nessuna strategia dietro nessuna delle mie canzoni, né dietro all’album, né dietro a Mudimbi. L’onestà sta in questo per me, fare ciò che voglio veramente fare nella maniera in cui sento di volerlo davvero, col rischio che, ovviamente, le cose possano andare male. E con la sicurezza che, alla fine, andranno bene.
Mudimbi: non mi devo sfogare di nulla
 Quali sono state le difficoltà maggiori che hai incontrato nel realizzare il disco, se ci sono state? 
Non sono uno di quelli che scrive dalla mattina alla sera, che si sfoga sul foglio. Non mi devo sfogare di nulla, la mia vita va a gonfie vele. Quindi sono andato abbastanza in apnea nel momento in cui invece mi sono ritrovato a dover mettere insieme tutte queste tracce, a scriverle da zero, a spremermi le meningi mentre lavoravo ancora in officina, con poco tempo e poche energie… be’ diciamo che in quel periodo la mia vita non è andata poi così a gonfie vele ahahah
Come nasce “Giostre”?
Dovreste chiederlo a “Giostre”. Ero sul divano del mio vecchio appartamento, sfinito, cerebralmente morto, eppure all’improvviso qualcosa mi attraversa la testa. Corro nell’altra stanza, prendo il microfono e inizio a registrare. Probabilemnte non c’entrava nulla con “Giostre” come la conosciamo oggi, ma la spina dorsale era la stessa, il mood era lo stesso, e per me già solo questo è stato abbastanza per capire che valeva la pena continaurci a lavorare.
Puoi descrivere i tuoi concerti? Quali saranno le prossime date che ti vedranno coinvolto?
I miei concerti sono “La Sagra del Sorriso”. Ai miei concerti anche chi non ascolta la mia musica, anche chi non mi conosce ed è passato di lì per caso, si deve divertire. È l’unica cosa che conta. Deve tornare a casa con qualcosa che valga la pena conservare: un ricordo, una risalta, un balletto, una goccia di sudore, un pensiero. Alla fine della fiera devo essere riuscito a toccare qualche tua corda, oppure non sto facendo bene quello che voglio.
Riguardo le date, ti dico quelle che abbiamo chiuso fino a questo momento preciso in cui stiamo parlando, ma consiglio a tutti di tenere d’occhio la mia pagina Facebook perché il calendario del tour sta lievitando:
01/04/17 Fermo, Heartz Club
14/04/17 Roma, Beba Do Samba
17/04/17 Cerignola, Detomalaluna
22/04/17 Biassono, The Flag
30/04/17 Bassano del Grappa, LIV
05/05/17 Torino, Officine Corsare
06/05/17 Prato, Capanno Black Out
Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimi di più in questo momento e perché?
Non stimo nessuno. Ma non fraintendere, non è presunzione o spocchia, è che (chi mi conosce bene lo sa), non mi guardo molto intorno. Sono concentrato su quello che faccio e voglio fare, e tengo gli occhi, le orecchie e la testa ben centrata su questo. A volto cado dalle nuvole, come quando mi paragonano a qualcuno che non ho la più pallida idea di chi sia, e invece poi scopro che per il mondo dell’internet è più famoso di Gesù a Nazareth. Ma va bene così, perché le poche volte che ho stimato qualche mio “collega”, è bastato approfondire un po’ di più il discorso per cambiare subito idea. Non dico che sia così per tutti, esistono le eccezioni, ma nella testa mi risuona sempre la frase di un vecchio film: “Conoscere di persona qualcuno che stimi, è il primo passo da fare per iniziare a non stimarlo più”.

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