Nada: tutto l’amore che mi manca #sottotraccia

Come da tradizione (recente) dedichiamo agosto alla lettura: per il 2024 abbiamo deciso di ripubblicare una serie di pagine tratte dal volume “Italia d’autore” (Arcana, 2019), dedicato ai grandi cantautori che hanno fatto la storia della musica italiana

Benché Wikipedia la definisca “figlia d’arte”, Nada Malanima (vero sia il nome sia il cognome) si è fabbricata una vita musicale e una carriera senza poter godere di spinte di alcun tipo. Il padre suonava sì, ma nella banda del paese, Gabbro, frazione di Rosignano Marittimo, provincia di Livorno.

E le spinte che ha avuto, per lo più, non le ha gradite: fu soprattutto la madre a credere nel suo talento vocale, a insistere, a costringerla in qualche modo a salire sul palco di Sanremo nel 1969, quindici anni e nessuna esperienza del mondo, per cantare Ma che freddo fa in abbinata con i Rokes. Nada avrà modo di raccontare, durante interviste, incontri pubblici e libri autobiografici come Il mio cuore umano sia la sofferenza provata per quella che visse come una costrizione, sia il rapporto con una madre complicata, transitata anche per case di cura a causa di esaurimenti nervosi.

La cantante riuscì a riconciliarsi con la madre prima della morte di lei, e riuscì anche a costruirsi una carriera e una forza interna importante. I primi anni ‘70 la vedono ancora protagonista sul palco dell’Ariston: nel 1970 è di fianco a Ron, altro enfant prodige, per Pa’ diglielo a Ma’. L’anno successivo è la volta de Il cuore è uno zingaro con Nicola di Bari, che la porta alla vittoria del Festival. E seguono altri successi “da classifica”, che farebbero presagire un futuro da interprete pop, simile a quello di tante colleghe.

Non andrà così e il motivo ha un nome e un cognome: Piero Ciampi. A dire il vero Nada aveva già iniziato a scrivere le proprie canzoni, mostrando indizi di una forza e di un ribollire interno. Ma è l’incontro con Ciampi a fornirle la consapevolezza necessaria a fare i passi ulteriori. Abbandonato Franco Migliacci, che l’aveva scoperta, Nada si lega a Gerry Manzoli, bassista dei Camaleonti che qualche anno più tardi diventerà suo marito. E nel 1973 pubblica Ho scoperto che esisto anch’io: è un’autoaffermazione a partire dal titolo, con le canzoni tutte firmate da Ciampi e da Pino Pavone. Ed è un fiasco: troppo difficili i testi di Ciampi per i fan di Ma che freddo fa.

Ma Nada non si arrende e persiste: due anni dopo esce 1930: il domatore delle scimmie, con il gruppo di rock progressive Reale Accademia di Musica. È un disastro, il disco è stampato in poche copie e neanche quelle si vendono. E non andrà molto meglio con il successivo Nada del ‘76: sono passati soltanto sette anni dall’esordio, ma la carriera della cantante toscana sembra arenata su un binario morto.

Ripartenza e perdita

Ma non sarà così: la seconda vita pop inizia con il passaggio da RCA a Polydor e con il ritorno a singoli forse meno ambiziosi ma più centrati. Pasticcio universale del 1978, Dolce più dolce (1979), Rosa (1980) e soprattutto Dimmi che mi ami che mi ami che tu ami che tu ami solo me (1981) la riportano in classifica. Nel frattempo, però, è morto Ciampi: Nada sarà così colpita dalla morte del cantautore che inizierà a scrivere in autonomia e furiosamente (“canzoni che duravano un’ora”, racconterà anni dopo). Un esercizio catartico che si rivelerà fruttuoso anni dopo.

Inizia una doppia vita per l’ex “pulcino di Gabbro”: da una parte gli esercizi di scrittura, che daranno frutti a campo lungo. E dall’altra il pop: nel 1983 esce la celeberrima Amore disperato che coalizza vecchi fan e nuovi adepti del pop intelligente e ben scritto. Sono dello stesso anno anche le vittorie in rassegne come Vota la voce e Azzurro, che la portano tra l’altro a incrociare un’altra cantautrice (e da certi punti di vista alter ego) come Alice.

Dopo il successo dell’83 però arriva un periodo non fortunatissimo: i dischi Noi non cresceremo mai (1984) e Baci rossi (1986) vedono un aumento dell’elettronica, come da trend dell’epoca, ma anche una diminuzione del consenso. Anche Bolero, portata a Sanremo nell’87, non è proprio un trionfo. Andranno meglio gli anni Novanta, soprattutto la seconda parte: se nel ’92 esce L’anime nere, che non è proprio promosso benissimo da Rca, la raccolta Malanima: Successi ed inediti 1969-1994 e soprattutto i progetti seguenti non solo riporteranno Nada all’approvazione del pubblico, ma le conferiranno un ruolo di punto d’incontro tra l’avanguardia della musica indipendente e la tradizione cantautorale italiana, come a pochissimi colleghi (anche uomini) è stato concesso.

Anzi, forse come a nessun altro: si parte nel 1997 con il Nada Trio, messo in piedi anche grazie a Fausto Mesolella e Ferruccio Spinetti degli Avion Travel. Il disco omonimo comprende riletture, un omaggio a Battiato e formule così interessanti da meritare una ristampa. Ci saranno poi collaborazioni con Adriano Celentano e Mauro Pagani per chiudere i Novanta, mentre i due dischi che aprono gli anni 00, cioè L’amore è fortissimo il corpo no (2001) e Tutto l’amore che mi manca (2004, prodotto dal collaboratore storico di PJ Harvey, John Parish) sono scritti in toto dalla cantante.

Musa indipendente

Il loro successo di critica contribuisce alla sua collocazione definitiva come “faro” della musica indipendente che proprio in quegli anni fa registrare sviluppi molto consistenti, così come le collaborazioni con Têtes de Bois, Massimo Zamboni, Cristina Donà. Le versioni acustiche, rivedute e corrette dal Nada Trio, di Ma che freddo fa e Amore disperato finiscono nella colonna sonora di Mio fratello è figlio unico di Daniele Luchetti. Escono anche dischi live come Stazione birra e nel frattempo Nada ha anche preso in mano la penna e ha iniziato a scrivere libri, per lo più autobiografici, come Le mie madri (Fazi editore, 2003), Il mio cuore umano (Fazi, 2008), La grande casa (Bompiani, 2012) e Leonida (Atlantide, 2016).

Da Il mio cuore umano è tratto anche un film tv trasmesso dalla Rai. Ma nel frattempo continua a farsi vedere in giro con il meglio della musica indie italiana: nel 2009 presta la voce agli Zen Circus per Vuoti a perdere, che entra a far parte dell’album della svolta del gruppo toscano Andate tutti affanculo. Nada sarà anche in tour, dopo l’uscita del nuovo disco Vamp, con il gruppo di Appino e con un cantautore che all’epoca fa parte dei Criminal Jokers ma che farà parlare molto bene di sé da solista negli anni successivi: Motta.

Nel 2009 ha anche partecipato al concerto Amiche per l’Abruzzo: con una formazione composta da Carmen Consoli, Paola Turci e Marina Rei esegue Ma che freddo fa. E si prosegue così, tra una canzone scritta per Ornella Vanoni, un omaggio a Gaber, un tour con i Criminal Jokers stessi. Nel 2016 esce L’amore devi seguirlo, ma è grazie a un pezzo un po’ più vecchio e tutto sommato nemmeno così illustre come Senza un perché che riguadagna l’attenzione nazionale: Paolo Sorrentino infatti lo include nella colonna sonora di The Young Pope e lo rende un successo internazionale.

Nel 2017 c’è il premio Amnesty per Ballata triste, denuncia contro il femminicidio, ma anche l’ultimo disco del Nada Trio, La Posa, prima della scomparsa di Fausto Mesolella. Ma Nada non sembra volersi fermare, né riposare: arriva il 18 gennaio 2019 il nuovo disco È un momento difficile tesoro, che la riunisce con il produttore John Parish e che è anticipato dal singolo Dove sono i tuoi occhi.