Abbiamo ospitato di recente una loro canzone in free download esclusivo: i Narrenschiff, solida stoner band marchigiana all’esordio con Of Trees and Demons (qui la recensione) ha risposto alle domande della nostra intervista.

Qual è la vostra storia fin qui? Potete spiegare il nome della band?

Nasciamo senza pretese con l’idea di riprendere a suonare tra vecchi amici. La prima formazione era composta da due chitarre e una batteria, la strumentazione era a dir poco basilare, stretti in una minuscola ex-cella frigorifera riadatta a sala prove per l’occasione.

In poco tempo abbiamo sentito l’esigenza di un bassista, da quel momento Riccardo assume temporaneamente il ruolo di bassista… Di lì a poco questo diverrà il suo ruolo fisso, visto che abbiamo capito che la cosa funzionava bene.

Da qui per i successivi due/tre anni puntiamo tutto sulla produzione di pezzi prettamente strumentali, cercando sempre di unire la “grassezza” dello stoner a parti più psych e derivative.

Con il passare del tempo il nostro sound si è evoluto, così come la nostra voglia di sperimentare. Decidiamo quindi di inserire anche della parte vocali, affidando sempre  a Riccardo il ruolo di cantante.

In aggiunta iniziamo anche a collaborare con il didgeridooista Francesco Lilli. Grazie alla combinazione dei suoni tribali con quelli più classici dello stoner abbiamo realizzato uno dei pezzi più lisergici del nostro repertorio, Event Horizon.

Per quanto riguarda il nome, il Narrenschiff, letteralmente “Nave dei folli”, è al tempo stesso una creazione letteraria tedesca e un oggetto reale; nel Medioevo, soprattutto in Germania, prima dell’istituzione dei manicomi gli individui socialmente scomodi venivano imbarcati in questi vascelli e lasciati alla deriva.

Quali sono le idee di base di questo vostro esordio, in cui mi sembra non siate stati toccati da nessun tipo di timidezza da esordienti?

Il concept ruota tutto intorno al Narrenschiff, questo vascello dove i “folli” (o gli individui etichettati come tali) sono sia prigionieri della nave stessa e del mare sconfinato che li circonda, sia completamente liberi di andare e scegliere la propria direzione.

Il viaggio che compiono è sia fisico che metaforico. La nave parte fisicamente nelle acque per poi attraversare foreste, deserti e finalmente prendere il volo per lo spazio dove concluderà il suo viaggio nell’orizzonte degli eventi.

Metaforicamente i membri dell’equipaggio partendo dalla condizione di prigionieri, soggiogati dall’etichetta di “folli” e ”pazzi”, durante il loro viaggio prendono coscienza di essere qualcosa di diverso ma al contempo giusto e sensato, diventando a quel punto veramente liberi, come un dormiente che si risveglia.

In questo esordio c’è molto di ognuno di noi, la composizione dei pezzi e dell’album è venuta naturale e senza difficoltà in questi anni. Siamo cresciuti insieme alla musica che facciamo, avendo sempre le idee ben chiare in testa. Crediamo sia per tale motivo che questo esordio non presenta traccia alcuna di timidezza.

Tutto il disco è costellato da dialoghi cinematografici: potete spiegarne l’origine?

I dialoghi sono presi da vari film di fantascienza e sono tutti piccoli estratti di riflessioni dei personaggi all’interno della scena, volti a rappresentare quello che il pezzo sta per raccontare, come una sorta di preambolo.

Li consideriamo più di un escamotage, sono un viatico per l’ascoltatore. Grazie a essi pensiamo possa farsi un’idea del contesto del brano e capirne di più la ragion d’essere.

Uno dei brani portanti dell’album mi sembra “Desert”: come nasce il brano?

Desert è una delle prime canzoni da noi composte, il brano è nato quando Riccardo è dovuto partire improvvisamente per l’Islanda, in quel periodo stavamo partecipando a un concorso e ci siamo trovati alle semifinali senza un membro fondamentale, è stato allora che abbiamo composto la base di Desert con solo una chitarra e una batteria.

Questa prima versione è nata dopo un’ estenuante alternarsi di birra e sessioni di prove. E’ una musica molto tirata, grezza, pesante, lunga solamente la metà rispetto alla versione finale.

Successivamente, con il ritorno di Riccardo, il pezzo è evoluto in modo naturale, trovando maggior corpo, psichedelia massiccia e parti vocali.

Si presenta come una suite di tre parti: la catarsi , l’ascesa dell’equipaggio a una dimensione superiore e il viaggio verso la consapevolezza ultima.

Dopo aver navigato su oceani e foreste la nave affronta la traversata del deserto, luogo inospitale e notoriamente alieno alla navigazione.

Trascendendo la materia il Narrenschiff compie l’ascesa verso lo spazio, iniziando un nuovo vagabondare nell’universo guidata da un suono proveniente dal profondo cosmo.

Come nasce “Suzy”, che su TraKs ospitiamo in esclusiva come free download (qui)?

Tutti i nostri pezzi nascono da lunghe sessioni di improvvisazione dove si suona senza sosta, lasciando che le idee e i riff si creino un po’ da soli con naturalezza.

In tutti pezzi ci piace cambiare, alternare parti cantate a lunghe sessioni strumentali, parti distorte a parti più dilatate, psichedeliche o acustiche.

In Suzy la contrapposizione dell’attacco iniziale molto diretto con il pezzo acustico di intermezzo e il lungo finale strumentale rappresenta bene questa filosofia. E’ qualcosa che veramente ci divertiamo a suonare.

Il pezzo parla di una donna, definita come una sirena, non si capisce se è definita tale perché solo un’illusione, una visione di un viso tra le onde o il ricordo di una donna amata.

E’ una stella affondata in un mare nero, un distacco doloroso che può condurre alla “follia”, forse è il motivo per il quale quell’uomo è stato imbarcato. Il suo canto l’ha ammaliato e portato alla “pazzia”, è caduto nella trappola e ora viaggia in preda alle visioni e alle riflessioni.

One thought on “Narrenschiff, in preda alle visioni #TraKs”

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