Con un titolo piuttosto futurista, Zeng, la band di Teramo Clowns from Other Space fa il proprio esordio in ambito indie rock, ma con larghe tracce di shoegaze.
Clowns From Other Space traccia per traccia
Si parte da Shifted, canzone veloce e strutturata che mette la band da subito sulla mappa dell’indie rock, fornendo indizi anche su alcune delle direzioni che il disco prenderà. Eze’s Story si muove con un ritmo intenso ma mutevole, affrontando brevi tempeste elettriche lungo il proprio percorso.
Vive vite differenti Wall of Tzu, che ha esplicite tendenze psichedeliche e pause riflessive piuttosto estese. Più ordinaria ma comunque interessante Walled World, con riverberi malinconici e un po’ brit pop della chitarra e della voce.
Molto depressa la breve In the presence of Lady Truth, che subisce altre influenze psichedeliche e shoegaze. Al contrario Verve, che segue, si fa aggressiva, anche se la voce mantiene sempre un atteggiamento tra spleen e distacco, che fa molto new wave.
C’è il basso tra i protagonisti dell’apertura di How to become a fool, lenta e dalle atmosfere piuttosto oscure, almeno finché non si arriva alla parte più esplosiva e urlata.
Sotto i riflettori invece il drumming con Postmodernis and Corns, canzone dai ritmi moderati, ma anche dai cambi di passo frequenti. Si chiude con Scenes, che accoglie influenze post grunge e si muove con una certa lentezza ma anche con aggressività crescente, che sfocia in un’ultima esalazione piuttosto furibonda.
E’ buono l’esordio dei Clowns From Other Space, che con le nove tracce di Zeng forniscono un autoritratto piuttosto potente e ben definito, lasciando ottime impressioni complessive.