Wake Up Now (Fiction Records/Caroline, distribuzione Universal), segna il ritorno di Nick Mulvey dopo l’album di debutto First Mind (2015). Nato nell’84 in Inghilterra, Mulvey ha imparato a suonare a Cuba, quindi ha fondato con alcuni amici il Portico Quartet, in cui suonava l’Hang, e infine ha deciso per la carriera solista.
Fedele alle sonorità che hanno caratterizzato il primo disco, il nuovo lavoro di Nick Mulvey, già anticipato dal singolo Unconditional, nasce anche dall’ispirazione che alcuni incontri con Brian Eno hanno impresso in Mulvey.
L’album è stato prodotto da Ethan Johns al Real World Studios, dove Nick Mulvey e la sua band hanno registrato in presa diretta, rifinendo il tutto insieme al produttore Dan Carey.
Nick Mulvey traccia per traccia
Si parte da una morbida e tranquilla Unconditional, ingresso soft e anche piuttosto pop, senza essere banale, nel disco. Si accelera però subito dopo: Trasform Your Game (We Remain) ha ritmi più alti e passioni più concitate, anche se Mulvey fa mostra di trovare buoni punti di equilibrio sonori.
Imogen torna a toni molto più intimi, facendo perno su voce e arpeggi di chitarra e da diffuse sensazioni soul e qualche retrogusto alla Sufjan Stevens. Si viaggia verso sapori, nel contempo, orientali ma anche un po’ più sintetici con Myela, ondeggiante e anche un po’ danzereccia.
Con il testo che si ricollega subito al brano precedente, We Are Never Apart procede per discorsi molto più ragionati, sommessi e delicati. Come da tradizione dei Real World Studios, un pizzico di tribalismo e di etnicità, come una manciatina di spezie, si sparge su Remembering.
Mountain to Move acquista fiato e passo a partire dall’arpeggio insistito che si trascina dietro tutto il pezzo, aggiungendo ritmo e strumenti un po’ alla volta. When the Body is Gone conferma i legami del cantautore con un background di ispirazione soul (qui quasi gospel), con un prolungato finale morbido e sognante.
A proposito di sognante, Lullaby si spinge anche più in là in materia, fornendo un piccolo intermezzo prima di In Your Hands, più consistente e con un carattere che anche in questo caso sembra crescere piano piano. Da segnalare la versatilità nell’uso dei cori femminili in tutto il disco e qui in particolare.
Si chiude con Infinite Trees, in cui è di nuovo l’arpeggio a tessere i fili della trama, in un panorama questa volta del tutto dreamy e ovattato, ma anche con una sorpresa del tutto italiana, visto che il coro femminile supporta con un controcanto che cita Il cielo in una stanza.
Ottima prova e conferma di livello per Nick Mulvey, che ribadisce il proprio talento e tutte le potenzialità per affermarsi come una delle migliori voci del nuovo songwriting made in UK.