Testa alta è il nuovo singolo di Nox, rapper di origini marocchine ma trapiantato, non senza qualche difficoltà, sotto le vette della Val d’Aosta. Ci racconta musica e qualche incidente di percorso in questa intervista.

Partiamo da te: ci racconti chi è Nox?

Nox – per mia mamma Mohamed – è un cantante e rapper valdostano classe 2002. Nato in Marocco, mi sono trasferito con la mia famiglia in Valle d’Aosta quando avevo quattro anni. I primi anni in Italia sono stati davvero pesanti, perché se ti chiami Mohamed e cresci alle pendici del Monte Bianco capita che qualcuno, spesso, senta la necessità di ricordarti che quella non è casa tua.

A scuola venivo preso in giro dagli altri, forse per le mie origini o forse per la mia timidezza. Il mio nome d’arte, Nox (che in latino significa ‘notte’) è un riferimento a quel periodo. Col passare degli anni ho capito che chi mi faceva male senza motivo lo faceva perché probabilmente non aveva ancora nemmeno trovato la pace con sé stesso: è sempre così. Ho poi scoperto la musica, che rapidamente si è trasformata nella mia valvola di sfogo. Il mio stile risente delle mie influenze: vorrei che la mia musica fosse un viaggio per chi mi ascolta, che lo trasportasse nelle mille situazioni che racconto nei miei testi. Cerco di non limitarmi nelle sonorità, che vanno dalla trap americana alla musica mediorientale.

Veniamo al singolo: “Testa alta” racconta la tua storia. Perché hai deciso di parlare di te in modo così aperto?

Ho deciso di parlare in maniera così aperta del problema della discriminazione perché credo ci sia una grande necessità di scoperchiare l’argomento, purtroppo ancora attuale, nel 2020. Faccio musica perché mi piace, ma prima ancora perché ne ho bisogno. È semplicemente liberatorio. Con questo brano vorrei però anche dire a tutte quelle persone che sono state messe in un angolo senza aver commesso nessuna colpa che non sono sole. Che non è necessario diventare cattivi per sopravvivere in questo mondo. Perché alla fine chi ama vince sempre su chi odia. A TESTA ALTA.

Visto che affronti l’argomento nel tuo testo, secondo te siamo ancora molto lontani da un’integrazione effettiva in Italia? Spesso ci vantiamo del fatto che non siamo razzisti, ma i fatti molto più spesso raccontano il contrario…

Il razzismo non è un problema degli italiani, è un problema di tutto il mondo ed è una diretta conseguenza dell’ignoranza: quando non si conosce il diverso lo si teme. La situazione sembrava stesse migliorando negli ultimi anni fino all’arrivo di alcuni partiti politici specializzati nel seminare odio, che sono riusciti a guadagnare consenso inquinando la mente delle persone e istigandole a odiare. Credo che l’unica cura a tutto ciò sia viaggiare e studiare. Facciamolo il più possibile.

Come hai affrontato la pandemia?

Cercando di passare la maggior parte del mio tempo in modo costruttivo, scrivendo e cercando di migliorarmi. Mi sono migliorato? Probabilmente no ma almeno c’ho provato, ahah.

Che cosa ti auguri per il 2021?

Mi auguro indubbiamente che la situazione Covid si risolva, cosicché tutti possiamo tornare alla normalità. Al di là del danno infinito che sta subendo il mondo della musica, privato di ciò che più di tutto lo rende speciale – ovvero i concerti -, sono preoccupato per tutte quelle persone che soffrono silenziosamente durante questa pandemia che ci ha improvvisamente distaccati gli uni dagli altri e imprigionati nelle nostre case. Le persone sono nervose, arrabbiate, pronte a litigare. Spero davvero che ci sia più spazio per il volersi bene nel 2021, tutto qui.

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