Nu Shu è l’incontro, del 2013, tra Carmine Tundo (La Municipàl, ma anche esperienze passate molto mainstream) e Giuseppe Calabrese (Jack in the Head): due tracciati differenti ma una sensibilità comune, che porta al disco d’esordio, omonimo.

Nelle dieci tracce del disco, anticipato dal video di Radio Fail, ci sono suoni filtrati, distorti e virati, ma anche molta sostanza. Per chi se lo chiedesse, il nü shu (letteralmente “scrittura delle donne”) è stata la scrittura utilizzata segretamente nella Provincia dello Hunan dalle donne del popolo Yao dopo la conquista cinese, avvenuta nel XVII secolo: la musica dei Nu Shu quindi probabilmente nasconde significati segreti, e sta a noi scoprire quali.

Si parte con Mamadù Mama, piuttosto calata in un paesaggio da vecchia frontiera, ma con un twist leggermente voodoo, con la chitarra che viaggia semplice ma capace di inquietare.

Il velo di inquietudine non si solleva quando si passa a Enemy, che anzi utilizza effetti di vario genere per rendere il percorso anche più accidentato.

Non si rinuncia ai filtri vocali per Funky Superstar, che però si prende un po’ meno sul serio, esce dal guscio e picchia piuttosto duro.

E una volta usciti dal guscio è difficile trattenersi: non ci prova nemmeno Direction, che anzi aumenta il livello di rumore in modo progressivo, giocando con ritmi e suoni.

Tocca a Waiting the Sun (ma non sarebbe waiting for?) abbassare in parte i toni e i suoni, ma senza per questo parlare sottovoce: anzi la seconda parte della canzone è frutto di mescolanze e piuttosto rumorosa.

A seguire Radio Fail, veemente, ritmata e molto aggressiva. E quindi Nu Shu, basata su percussioni particolarmente vibranti e su vocalità di varia natura sparse per il pezzo.

E dopo il minutino conciliante di Interlude Stereo Ink, ecco appunt Stereo Ink, molto meno conciliante, anzi aperta da un riff piuttosto abrasivo di chitarra. Buoni contrasti di luce anche nel percorso del brano.

Gli ultimi riverberi, le ondate di risacca del disco trovano posto in End Track, brano sostanzialmente post rock dalle tre vite differenti, con tratti di buon interesse.

Il significato segreto? Non emerge, ma se emergesse subito, che segreto sarebbe? Salta all’occhio però la buona combinazione di sensibilità, la cura del dettaglio, il buon livello di ispirazione, che fanno di questo disco un ottimo punto di inizio.