Recensione: L’officina della camomilla, “Palazzina Liberty”
Progetto nato nel 2008 con idee strumentali e lo-fi, L’officina della camomilla ha, nel corso del tempo, assunto forme diverse e più variegate. Dopo un demo nel 2010, nel 2013 è pubblicato il primo album, Senontipiacefalostesso 1 per Garrincha Dischi. Seguono più di un centinaio di concerti in Italia e anche un piccolo tour estero.
Nel 2014 esce Senontipiacefalostesso 2 e nel 2015 Senontipiacefalostesso b-side. Nel frattempo L’Officina calca i palchi dei più importanti festival Italiani come Sherwood Festival, Home Festival, Radio Onda D’urto, Mi AMi Festival. Ora è uscito Palazzina Liberty, il primo album completamente inedito scritto, arrangiato suonato e prodotto da Francesco De Leo.
L’officina della camomilla traccia per traccia
Dopo Intro Omni arrivano le chitarre insistite di Palazzina Liberty, che apre il disco su voci filtrate e quasi incomprensibili, ritmi rock-pop e idee shoegaze che si mostrano un po’ ovunque, con una lunga coda strumentale e psichedelica che chiude il pezzo.
Dopo l’altro intermezzo Underpass, eccoci a Penelope, placata e con qualche eco tipo R.E.M., ma anche con violini e interventi sonori tesi a deragliare il percorso previsto nella seconda parte della canzone. Exit propone alternative in tono new wave per un paio di minuti, prima che il discorso passi su Mio fior pericoloso, molto tranquilla e sostanzialmente folk nei modi, meno pacifica nel testo.
E per spazzare via il profumo dei campi del brano precedente, che cosa c’è di meglio di un minuto e mezzo di Triangolo Industrial? Si approda così a Ex-Darsena, di nuovo molto filtrata e con caratteristiche dream pop. E dopo l’intermezzo di Macchina metallica si torna su un pezzo dalle caratteristiche acustiche e caustiche, con Soutine Twist, che può richiamare alla mente perfino qualche antico chansonnier francese.
Altro (lungo) intermezzo con Noise sull’Oceano, e poi si procede con Signora del mare, ricca di risonanze ed echi lontani, evocativa e ricca a livello di sonorità, con un andamento che prende toni marcatamente antichi (ma anche, un po’, Caposseliani). Finale strumentale con Altri posti, che evoca sapori da Mediterraneo orientale, prima di procedere a digressioni che si avvicinano al jazz.
Un disco davvero singolare, il nuovo de L’officina della camomilla, “libero” in molti sensi del termine, ricco di suoni ma con uno stile ben riconoscibile, in definitiva un esperimento decisamente riuscito.