Ohibò: una chiusura che fa male
Non ero fra gli assidui dell’Ohibò, più che altro per motivi geografici, ma la chiusura del circolo milanese che ha ufficialmente cessato le attività qualche giorno fa ha colpito me come tutti gli appassionati di musica, soprattutto se quella musica non è proprio quella che passa sempre sui canali “ufficiali”.
Per approfondire la questione ho fatto quattro chiacchiere con Simone Castello, proprietario di Costello’s e ormai ex direttore artistico e responsabile della comunicazione di Ohibò.
Partirei da una precisazione: ho visto che tutti stanno associando la chiusura dell’Ohibò alla mancata assistenza di Stato ai locali e alla musica in corso di pandemia. E’ davvero così?
Io e altre persone che abbiamo collaborato in questi anni con il circolo non facciamo parte del direttivo dell’Associazione. Circolo Ohibò è un’associazione culturale e in quanto tale ha un direttivo che è chiamato a prendere delle decisioni per portare avanti il bene dell’Associazione.
Quando è arrivato questo dramma mondiale sicuramente si sono ipotizzati degli scenari “rischiosi”, dal punto di vista economico dell’Associazione e la decisione del direttivo è state quella di risolvere consensualmente il contratto d’affitto con la proprietà, con la quale a quanto pare non si è riusciti a trovare una modalità di gestione pienamente sensata. Quindi fondamentalmente perdendo lo spazio.
Poi noi che da subito abbiamo dimostrato alla stessa proprietà di voler dare continuità al progetto e subentrare in quel luogo non abbiamo avuto più possibilità perché la proprietaria ci ha detto che stava valutando altre possibilità di locazione per lo spazio.
Quello che ci ha meravigliato sinceramente, al di là dell’intenzione della proprietaria è una sorta di mancanza di tenacia nel mantenere lo spazio. A quanto ne sappiamo non c’è stato neanche un tentativo di rivolgersi a un legale per provare a mediare, per trovare una soluzione. Probabilmente presi dalla paura, non so neanche come definirla, il direttivo ha deciso di prendere questa decisione molto pesante. Da lì purtroppo è morto Ohibò.
Da lì avete avuto le mani legate…
Finché il contratto era in essere c’erano possibilità valutabili anche di subentrare al direttivo con le tempistiche previste, dai parametri legali e quant’altro, però conducendo intanto la trattativa con la proprietà in un certo modo. Purtroppo non c’è stata la possibilità di farlo.
Per chiarezza: pensi che fosse un’idea che balenava già in testa al direttivo e hanno preso la palla al balzo?
Noi abbiamo parlato diverse volte del nostro subentro come direttivo, ed è una cosa che avremmo tra l’altro fatto proprio quest’estate. Era già programmata, semplicemente stavamo cercando di strutturare tutto al meglio. L’avremmo fatto anche in concomitanza di alcuni lavori di adeguamento dello spazio, che avrebbero permesso all’Ohibò di rimanere aperto anche durante i mesi estivi.
Parliamo di futuro: immagino che la botta sia ancora calda, ma in che direzione state andando?
Vogliamo rassicurare tutti: noi come Costello’s ci prendiamo assoluta responsabilità di tutti i concerti che erano stati opzionati e programmati. Si parla di un pacchetto di quasi settanta concerti. Stiamo già lavorando per trovare una soluzione per il recupero di questi concerti che sicuramente, coronavirus permettendo, vedranno luce su Milano. Ci facciamo carico di oneri e onori della situazione. E nei prossimi giorni già potremo comunicare qualcosa.
Parallelamente continuiamo la ricerca di uno spazio che sia nostro al cento per cento, su cui continuare il progetto culturale e con annessi e connessi che avevamo creato su Ohibò. La cosa bella, al di là del discorso concerti e cultura, era proprio il clima, la socialità, questo sentimento “casalingo” che viene fuori da tutti quelli che si stanno esprimendo in questi giorni.
Abbiamo rabbia nel non poter far proseguire su Milano questo sentimento e quindi vogliamo trovare uno spazio per poterlo fare.
Per lo “spazio nostalgia” vorrei sapere se c’è stato uno o più concerti dell’Ohibò che ti sono rimasti nel cuore più degli altri.
Mah guarda, i concerti son davvero tantissimi e ne ricordo davvero tanti con entusiasmo. Farei davvero un torto a nominarne uno più che un altro. Sicuramente il concerto di Calcutta ha proprio cambiato le regole. E’ un passaggio fondamentale e ricordo l’entusiasmo e anche l’ansia era tanta. I ricordi sono veramente tantissimi. Ma il ricordo più grande è legato alle persone con cui ho lavorato all’interno di quello spazio. E spero di averle con me in una nuova avventura. La fratellanza che ho provato nei confronti di queste persone ha raggiunto dei picchi che non potevo immaginare.
Anche l’ondata di solidarietà che ha sollevato la chiusura è notevole
E’ assolutamente incredibile: il post che ha condiviso il circolo Ohibò ha raggiunto quasi un milione di persone. Seppur racconti una verità alla quale non sentiamo di aderire del tutto, però il 2% della popolazione nazionale ha visto quel post.
Sicuramente è una testimonianza del lavoro che abbiamo svolto in questi anni, ma anche di quanta importanza avesse quel posto. Io sono sconvolto da questa cosa, le manifestazioni di vicinanza e di affetto sono incredibili. Commentavamo l’altra sera che sembra quasi di assistere al proprio funerale… Un’esperienza unica nella vita!
Non ti nascondo però che io personalmente sento anche tanta rabbia e frustrazione, in modo direttamente proporzionale. Il senso di impotenza e di fastidio epidermico per non poter portare avanti una cosa così bella nell’immediato è davvero disarmante.
Tu non sai quante persone mi hanno mandato note vocali piangendo, e io che ho un amore infinito per quel posto lì mi sono sentito piccolissimo. Mi sembrava quasi che le altre persone provassero ancora di più di quello che provavo io.
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