Oil, un approccio molto easy
Un ep, Electroshock Serenade, che racconta di fughe ed emozioni. Il concept è il nuovo lavoro della band degli Oil, che abbiamo raccontato qui. Oggi rivolgiamo qualche domanda alla band.
Potete riassumere la vostra storia fin qui?
[Federico] Come OIL, esistiamo dal 2009. Io e Alessandro siamo stati basso e chitarra dei BlueBonnets, una band di rock mainstream cantato in inglese molto apprezzata, e che per un certo periodo, insieme a Cheap Wine, Groovers, Satellite Inn e altre ancora, ha rappresentato il fronte del rock americano in Italia. Suoniamo insieme praticamente da sempre.
Dopo lo scioglimento dei BlueBonnets, e una pausa di quasi 3 anni, abbiamo ricominciato a suonare insieme e a comporre nuovi brani originali, gettando le basi per quello che nel 2009 sarebbe diventato il progetto OIL. In un primo periodo alla batteria c’era Umberto Pantano. Grande musicista e docente. Nel 2011, con l’uscita di Umberto dalla band, è cominciata la collaborazione con Massimo Savo, batterista molto apprezzato nella zona di Frosinone, ma anche Latina e Roma. Così è iniziato il viatico che ci ha portati alla registrazione di UPSTAIRS, primo album autoprodotto uscito nel Settembre del 2013. Electroshock Serenade, il nostro secondo lavoro, è uscito a maggio di quest’anno.
Come avete affrontato le lavorazioni per “Electroshock Serenade”?
L’approccio con cui abbiamo affrontato la registrazione delle cinque canzoni che compongono questo ep è stata molto easy. Abbiamo cercato di prendere esempio dalle difficoltà che ci sono state nel realizzare il disco precedente. Upstairs ha avuto una gestazione biblica. Abbiamo passato due anni nello studio domestico di Massimo (il nostro batterista) perché volevamo fare le cose con calma e prenderci il tempo che serviva per montare e smontare le canzoni a nostro piacimento. Aggiungendo e togliendo strumenti, sovraincidendo e cancellando tracce.
Abbiamo finito per rasentare l’esaurimento nervoso, rimanendo costantemente insoddisfatti e prosciugando energie e risorse mentali. Per Electroshock Serenade sapevamo con certezza che avremmo fatto un persorso completamente diverso. Siamo andati al VDSS Recording Studio (Morolo), e qui abbiamo messo le nostre idee nelle mani di Filippo Strang. Insieme abbiamo deciso che il suo non sarebbe stato il classico lavoro del fonico. Gli abbiamo chiesto di tirare fuori quello che lui sentiva nelle nostre canzoni. Di raccontarci come a lui sarebbe piaciuto che suonassero i pezzi degli Oil. Lui è diventato una sorta di produttore artistico. Quattro giorni in studio, ed è venuto fuori il disco che hai ascoltato.
Oil: esseri umani che trafugano le tue gioie
Come nasce “Carefully”?
Carefully è uno dei pezzi più recenti tra quelli presenti su Electroshock Serenade. E’ uscito di getto. Il testo è incentrato sul bisogno che molte persone hanno di blandire il prossimo con falsi complimenti al solo scopo di succhiarne ogni risorsa. Personaggi che passano la loro esistenza in rapporto di mutualismo con altri esseri umani solo perché non sono in grado di stare soli con se stessi o perché hanno bisogno di costanti rassicurazioni. Figure scure e sinistre, che usano chi gli sta accanto come un serbatoio di idee, di emozioni di sensazioni. Sono quelli che trafugano le tue gioie e le tue conquiste per farle proprie e riciclarle.
Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?
Come si diceva prima, il progetto Electroshock Serenade nasce con l’idea di invertire il processo che si è scatenato per la registrazione di Upstairs. Se c’era una cosa di cui eravamo assolutamente certi era che per il secondo disco la strada sarebbe stata esattamente opposta. Abbiamo fatto una scelta di minimalismo di base che ci consentisse di entrare in sala e registrare i pezzi con rapidità, e riuscendo il più possibile a mantenere la stessa atmosfera dei live.
Utilizziamo amplificatori valvolari che ci consento di ottenere un suono caldo e avvolgente, nel modo più naturale possibile. Idem per gli strumenti. Principalmente Fender e Vox come ampli e Fender e Gibson come strumenti. Per quando riguarda Massimo, tutto il seti di batteria è assolutamente artigianale.
Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?
Non abbiamo una grande conoscenza del panorama indipendente italiano nella sua completezza. Conosciamo band storiche, che hanno cominciato a suonare e a muovere i primi passi, più o meno contemporaneamente a quando lo abbiamo fatto noi. Ci sentiremmo di citare i Cheap Wine perché sono proprio un bell’esempio di come si possa fare musica con caparbietà e costanza, continuando a sfornare lavori ispirati e ottimamente confezionati, con un lusinghiero riscontro da parte della critica e del pubblico italiano ed estero. Anche se sono distanti da noi come scelta artistica.