Si intitola Canzoni perse il nuovo album dei Palinurus, una band formata da quattro amici di Varzi, un paese dell’Oltrepò pavese. Le loro canzoni sono un riflesso della vita provinciale di collina oltre che delle pippe mentali tipiche di chi ha superato i trenta, nascono in una cantina adibita a sala prove, umida, buia, più adatta alla stagionatura del salame che a comporre canzoni.
Palinurus traccia per traccia
Il funambolo Philippe Petit, che tese il suo filo tra le Torri Gemelle, quando erano ancora in piedi, è il protagonista della prima traccia del disco: un pezzo dinamico, dolce ma con drumming molto vivo, con caratteristiche di power pop brillante.
Domande senza risposta e mal di testa per Un’altra onda, ballad elettrica e malinconica, con una coda piuttosto tempestosa.
Ci si identifica con il postino in Un mondo nuovo, canzone dinamica e di scoperta. Si procede con gli accordi semplici di Castagne, che guarda oltre l’inverno, con immagini di natura e di provincia che si affollano nel testo.
Camminate rischiose quelle prese in considerazione in E’ tutto grigio, che racconta di colori spenti ma con modi sonori piuttosto colorati. Percussioni roboanti e viaggi, forse anche mentali, quelli che si delineano in Se parto, che racconta di strade e di fango.
Un po’ di Negrita nelle vene di una rapida Temporale, che è molto battente e discretamente allegra (che l’Inter perda sempre comunque non mi pare, e comunque scrivete pure canzoni su altre squadre e su altri sport, non è che sia illegale).
Si racconta poi delle Vertigini, in un pezzo piuttosto cupo e con le tastiere che si occupano di fornire una copertura sonora costante. A chiusura ecco Come polline, ultimo pezzo veloce e aggressivo, anche un po’ gridato e sicuramente molto elettrico.
Buon lavoro quello dei Palinurus, che plasmano le proprie idee attorno a un rock-pop di buon sapore ma sempre ben scritto.