Paolo Conte: con quella faccia un po’ così #sottotraccia

Come da tradizione (recente) dedichiamo agosto alla lettura: per il 2024 abbiamo deciso di ripubblicare una serie di pagine tratte dal volume “Italia d’autore” (Arcana, 2019), dedicato ai grandi cantautori che hanno fatto la storia della musica italiana

È mai stato giovane, Paolo Conte? Sembra di vederlo da sempre e per sempre dietro un pianoforte, i baffi più tristi del naso di Bartali, lo sguardo di chi ha capito tutto prima che ci fosse qualcosa da capire. Paolo Conte è stato giovane, ma è nato nel 1937, quando essere giovani non era poi questo grande affare.

Il padre Gigi è il colpevole della passione musicale di Paolo: suona il piano, ama il jazz e cerca di sfuggire così alle noie del lavoro da notaio; mamma Tina appartiene a una famiglia di proprietari terrieri. La musica arriva quindi presto, sia per Paolo sia per suo fratello Giorgio, più giovane di quattro anni e destinato alla stessa carriera. La laurea in Giurisprudenza è una scelta ovvia, ma Paolo esercita la professione di avvocato, in teoria propedeutica al notariato, soltanto fino al 1974.

In realtà, da molti anni, i fratelli Conte con Giorgio alla batteria, si facevano vedere per le cantine del Piemonte e delle regioni limitrofe, alla ricerca di un pubblico. Già nel 1962 il Paul Conte Quartet incide un ep per la RCA, senza incontrare successo. Così per Conte inizia la trafila dell’autore: scrive per Vanna Brosio, per Carla Boni, poi sale di livello con Celentano in Chi era lui. Ma sarà prima la musica di La coppia più bella del mondo e poi soprattutto di Azzurro a cominciare a diffondere il nome di Conte tra gli interpreti italiani e anche tra il pubblico.

Così arrivano Insieme a te non ci sto più per Caterina Caselli, Tripoli ’69 per Patty Pravo, Messico e nuvole per Jannacci, che però gli suggerisce di cantarla lui, in prima persona. Ma non è ancora il tempo: Conte scrive per Giusy Romeo, meglio nota in seguito come Giuni Russo, per Dalida e per l’Equipe 84. L’anno di svolta è il 1974: deciso definitivamente che non diventerà né notaio né principe del foro, incide il primo disco, paolo conte, che contiene Wanda, stai seria con la faccia…, Questa sporca vita, Una giornata al mare e Onda su onda, registrata nel frattempo anche da Bruno Lauzi, che comincia a gettare una luce più viva sulle canzoni di Conte.

Genova per noi

C’è anche Sono qui con te sempre più solo, che dà il via alla cosiddetta saga del Mocambo, il bar di provincia del cui gestore Conte narrerà, a più riprese, le disavventure. Non è un successo e non lo sarà il Secondo Paolo Conte, il disco del 1975 prodotto da Lilli Greco che contiene Avanti, bionda, Tango, La Topolino amaranto, La ricostruzione del Mocambo e soprattutto Genova per noi, nuovamente “scippata” da Lauzi.

Così i dischi si fermano per qualche tempo, Conte si mette per strada, pianoforte in spalla, suona nei locali, partecipa al Premio Tenco e inizia una tournée di scarso successo con Piero Ciampi, Nada e Renzo Zenobi. La Rai riprende un concerto, per farne una trasmissione televisiva mai andata in onda: chissà in quale antro degli archivi di viale Mazzini risiede questo documento di valore piuttosto certo.

Scrive ancora per altri: lo stesso Renzo Zenobi, Gipo Farassino, la stessa Nada. Poi, nel 1979, arriva Un gelato al limon, ma non è questo uno dei casi in cui si può concludere la frase con “e cambia tutto”. L’album non è un successo clamoroso, anche perché sembra che niente faccia veramente clamore nel mondo di Conte: tuttavia le reinterpretazioni delle sue canzoni fatte da artisti celebri, come Jannacci e Dalla/De Gregori, contribuiscono ad aumentare la fama del cantautore astigiano, che si allarga con lentezza e costanza, come una macchia di liquido denso.

E travalica le Alpi: anche in Francia si accorgono di lui, lo apprezzano, lo vezzeggiano, iniziano a pensare di averlo inventato loro e di averlo capito molto prima degli italiani. E forse è vero. Intanto Conte scrive, canta, incide: nel 1981 esce Paris Milonga, con Via con me, forse il suo pezzo più famoso. Nel 1981 scrive canzoni per Gabriella Ferri, mentre dell’anno successivo è appunti di viaggio, con Nord, Fuga all’inglese, Hemingway. E da qui si rischia di diventare monotoni, perché il musicista Conte in sostanza segue il percorso tour-disco-tour (e non disco-tour-disco, una sottile distinzione opportuna, per fare felici jazzisti e marxisti), con soltanto poche deviazioni dal percorso, e del resto, se è felice così, perché no?

Maestro e Cavaliere

Tra i cambi di direzione si possono registrare, nel 1987, la realizzazione di Aguaplano, cd doppio nonché uno dei suoi lavori migliori, che contiene Paso doble, Ratafià e altre percorrenze oblique. Altro scostamento dal percorso è Razmataz, la realizzazione di un lungo sogno: Conte riesce a portare in scena un musical di cui ha scritto e progettato quasi tutto, disegnando anche i costumi di scena.

Del resto, nel corso degli anni, ha scoperto dentro di sé una vena pittorica piuttosto seria, che sarà apprezzata anche dai critici. E anche dai concittadini, raro caso di profeta in patria: nel 2007 è nominato Maestro del Palio di Asti, avendo dipinto i due tradizionali sendalli raffiguranti san Secondo. Tra gli omaggi che si accumulano negli anni ci sono riconoscimenti ufficiali, come la nomina a Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana e a Chevalier dans l’Ordre des Arts et Lettres in Francia.

Nonché ufficiosi, come il disco di tributo realizzato dagli Avion Travel nel 2007, con Danson metropoli. Il 2000 lo vede alle prese con nuovi dischi, Elegia del 2004, Psiche del 2008, Nelson del 2010, non dedicato all’omonimo ammiraglio, bensì al cane di Conte, morto un paio d’anni prima, con premi, riconoscimenti e finalmente anche l’apprezzamento del pubblico, che lo segue con passione fedele, ansioso come sempre di ascoltare dalla sua voce un’altra vecchia storia inventata oggi. Nel 2016 prova anche la strada dell’album strumentale, Amazing game. Anche se di quella voce lì, con quel tono lì e con quell’aria sempre un po’ così, come dire, non è che se ne faccia a meno a cuor leggero.