Anticipato dai brani Arrivando alla riva e La città della camomilla, esce nei negozi di dischi e su tutte le piattaforme digitali il terzo disco di Paolo Tocco dal titolo Ho bisogno di aria, prodotto da IRMA Records. Il cantautore teatino torna così sulle scene a due anni di distanza da Il mio modo di ballare (Cramps, 2015), disco selezionato tra le migliori 50 opere in assoluto dal Club Tenco.

Ho bisogno di aria racchiude già nel titolo i riferimenti e le necessità che lo hanno ispirato: canzoni di rivalsa, di rabbia, canzoni che hanno l’urgenza di liberarsi da tantissima ipocrisia e finzione che oggi impera nella vita quotidiana. Ho bisogno di aria è anche un romanzo in uscita per Lupi Editore in contemporanea con il disco.

Paolo Tocco traccia per traccia

Si incomincia su una nota lieve ma triste: Ho bisogno di aria, la title track, è un episodio delicato che acquista respiro maggiore e più allargato nel finale. E’ il pianoforte a regalare le prime note di Bella Italia, racconto sommesso ma estremamente intenso, innestato senza ripensamenti sulla migliore tradizione autorale.

Pizzburg, con Patrizia Cirulli, prosegue sullo stesso sentiero sofferto, lasciando spazio alla chitarra acustica che però si muove soprattutto sullo sfondo. Ritmi da risacca quelli di Arrivando alla riva, già presentata come singolo, che condivide la malinconia intensa degli altri brani, con qualche immagine che può riportare ai Fossati, ai De Gregori.

Voce e chitarra classica sono gli ingredienti anche di Traditional Love Song, poi movimentata dall’ingresso discreto di un sax. Altro calembour nel titolo con Tom Waiz, che dell’immenso songwriter cui fa riferimento conserva un po’ di cattiveria, di spirito notturno e di elettricità, cambiando in parte il paesaggio.

La città della camomilla conserva un certo nervosismo e qualità tra rock e jazz, con uno spirito sardonico che anima il pezzo. Le acque tornano tranquille con Mary, ballata di sapore anglosassone, con qualche stop and go e una tessitura molto curata.

Non vi riconosco apre su una citazione di Dalla-De Gregori e prosegue con un percorso pacifico, un po’ nostalgico e piuttosto aperto avvicinandosi al finale. Bolle di sapone torna alle malinconie di inizio disco, reintroduce il pianoforte all’intorno di una palette di suoni che ospita un assolo di chitarra breve ma particolarmente doloroso in coda.

A Madre Terra è affidato il compito di chiudere il disco, di nuovo in modo sommesso e contenuto, con un tono di preghiera e un senso di delicatezza generale.

Si potrebbe dire che Ho bisogno di aria non sposti di molto il giudizio su Paolo Tocco: si sapeva già che il cantautore era una delle voci più intense nel panorama italiano. Il nuovo disco sottolinea ancor più talenti e capacità di una voce e di una penna di grande qualità, che non ama i fuochi d’artificio e ciononostante riesce a colpire nel profondo.

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