I Partinico Rose sono una band alternative rock di Ragusa, composta da Vincenzo Cannizzo (voce e chitarra), Massimo Russo (basso), Carlo Schembari (batteria e synth), Martina Monaca (violoncello). Songs for Sad and Angry People è il nuovo disco e abbiamo rivolto loro qualche domanda
Ci raccontate la storia dei Partinico Rose?
Siamo attivi dal 2015, la formazione originaria vedeva un altro bassista che ha lasciato la band dopo soltanto un concerto, nel 2016, ed è stato rimpiazzato da Massimo Russo.
Siamo tutti musicisti di vecchia data, provenienti da altri progetti come The Stark, Carnival Ends, Enfant Terrible eccetera… Il nostro sound mescola un rock alternative/wave che richiama le sonorità di band come Killing Joke, Bauhuaus, Nick Drake.
Vorrei sapere qualcosa di più del concept di questo disco e di come si scrivono canzoni per persone tristi e incazzate.
Il perodo migliore per scrivere un album del genere, è proprio quello in cui stiamo vivendo da dieci anni a questa parte: crisi economica, disoccupazione, laureati a fare i camerieri, emigrazione, ghettizzazione sociale, emarginazione… La vita non è sempre tutta rose e fiori, l’idea del concept scaturisce da questo.
Nei vostri pezzi si sente moltissima energia e direi anche una fascinazione per il rock anni ’90. Quali sono i vostri capisaldi musicali?
Capisaldi musicali: Jesus and Mary Chain, Nirvana, Afghan Whigs, Killing Joke, Joy Division, Nic Drake… dicono che la voce del nostro cantante sia simile a quella di Robert Smith dei Cure ahahhahah :))
Dal punto di vista dei testi invece affrontate spesso la tematica del dolore. Si tratta di spunti autobiografici o vi colpisce anche il dolore altrui?
In una sola canzone, ovvero “The story of cancer”, si parla della malattia che ha colpito il papà del cantante lo scorso anno. Per il resto si parla anche di dolore comune a tanti.
Come sono i Partinico Rose dal vivo?
Intensi… non è il solito “live da mummie”, ci piace interagire con il pubblico anche con battute sporcaccione :)))
Partinico Rose traccia per traccia
Tamburi roboanti aprono il disco e la prima traccia, Slave of Time, brano piuttosto oscuro che introduce all’universo magmatico dei Partinico Rose.
“I deserve my struggle/I deserve my illusions” spiega Misanthropy, per forza di cose aggressiva, molto oscura e piuttosto post grunge.
L’attualità quotidiana riecheggia in I’m looking for a job, gonfia di rabbia e di elettricità. Problemi con la solitudine si sviluppano con Don’t Leave Me Alone, che scava nel profondo con un movimento continuo.
Questioni altrettanto oscure sono quelle che si affrontano all’interno di The Story of Cancer, dolorosa e potente.
Orizzonti sonori importanti e piuttosto solenni, quelli intorno ai quali si muove The End of Summer, contornata da un drumming molto roboante.
Si scarica parecchia energia anche all’interno di Mistakes in My Head, altro pezzo molto vivo e rombante.
Problemi di dipendenza quelli che affronta Rehab from You, che usa archi e una chitarra non (o meno) elettrica per una ballata in noir.
Si va a caccia di una vendetta con The Revenge, canzone da battaglia che parte un po’ per volta e che poi sale di colpi gradualmente. Sarà probabilmente tra i pezzi più trascinanti nei live.
Could You Share My Pain chiude il disco con un altro pezzo potente e dalle ritmiche abbastanza furibonde, a far da contrasto con un cantato incazzato ma senza esagerare.
I Partinico Rose mettono sul piatto un disco dal suono compatto e dalla concezione omogenea, che se ne sbatte abbastanza delle mode sonore ma tira dritto per la propria, rumorosa, strada.