Perpacity, “The Order of Now”: la recensione #TRAKSTRANGERS
The Order of Now è il terzo album di Perpacity da quando la band si è formata circa otto anni fa. Anticipato da singoli come Rule the Day e Telethon, usciti nella prima metà di quest’anno, la loro musica è un post electro, con un misto di voci oscure e battiti irresistibili che fanno cenno a band passate.
La coppia è stata impegnata negli ultimi mesi: un concerto dal vivo al Synthetic City London 2018 a marzo, e per un paio di settimane si sono riuniti in studio per finalizzare l’album. The Order of Now è in produzione da quasi due anni e i giorni precedenti l’invio delle tracce negli Stati Uniti per il mastering è descritto sia come preoccupazione sia come sollievo.
Ian Harling: “L’ultimo processo per rendere le canzoni pronte per essere masterizzate è sempre intenso. Le stai lasciando andare, dicendo che hai fatto tutto il possibile per farle suonare bene – quindi c’è sempre un po’ di preoccupazione e ansia quando li mandi via, ma c’è anche sollievo, perché sai che sei alla fine di un lungo viaggio, e che da qui è tutto o niente”.
Perpacity traccia per traccia
L’inizio è graduale: Alpha Exordium fa spazio all’ascoltatore con un’introduzione massimalista ma sfumata, con una voce recitante attutita e sonorità diffuse.
Molto più marcata Gone, che utilizza l’elettronica con modi contundenti, e con le attinenze con la parte electro della dark wave sempre più evidenti.
Un conteggio multilingue introduce More, che è al contempo molto terrena per quanto riguarda le percussioni e molto cosmica quando si tratta di far decollare le sonorità.
Rule the Day procede su binari simili, con fantasmi sonori che si agitano sia in primo piano sia nel background. Love is the lie sposta il piano su discorsi più intimi e oscuri, ma è anche capace di cambiare indirizzi sonori.
Invece Out of Nothing, pur avendo modi felpati, mostra un lato più muscolare del disco, anzi più industriale, se ci si limita al discorso percussivo e ritmico.
Il già citato singolo Telethon si appoggia su scenari morbidi e galattici, pur tenendo in vita sezioni piuttosto contrastate. Dopo un’inquieta e inquietante Creeps beneath your skin, si passa a una Dance to Disco che a dispetto del titolo non alza di molto il beat.
In never Mind torna a percorsi tutto sommato tranquilli e flirta con il pop e la melodia. C’è una voce femminile a introdurre il cammino lento di Shout Out, che procede con compostezza per il proprio percorso.
Toni intensi ma non disperati quelli di Goodbye, con vocalità rinforzata e qualche vaga risonanza orientale. Il disco si chiude con lo strumentale Omega Cacumen, che pur rimanendo sullo scuro, si veste di colori piuttosto sgargianti.
La combinazione dei suoni e delle voci proposta dai Perpacity non è esattamente inedita, ma la band in questo album dismotra un alto grado di consapevolezza e qualche scintilla di piacevole inventiva.