Arrivano da Roma Est e non sono dei ragazzini: i Pì Greco pubblicano un esordio che però può fare alzare qualche sopracciglio, curandosi poco dei limiti tra generi o delle mode del momento, e instillando dubbi in profondità.
Il rasoio di Occam è un disco istantanea che immortala gli ultimi due anni, raccontati da un punto di vista soggettivo, ma è un abito che potrebbe vestire chiunque intenda cimentarsi nell’analisi della propria condizione e dell’altrui stato. Il disco, che comprende nove tracce, è è stato registrato, mixato e prodotto dalla CORE FACTORY ROMA per mano di Riccardo “El Pas” Galati.
Pì Greco traccia per traccia
Ieri è l’introduzione, melodica ma anche meccanica e raspante, del disco. Le sensazioni che lascia sono quasi industrial, ed è da lì che partono Le mie mani, che inseriscono il cantato/rappato, immerse nelle sensazioni acide di sonorità elettroniche. Ma non è techno fine a se stessa, diciamo: si parla addirittura di “classi sociali”, qui, tra dita storte e carezze e botte.
Striscia e sussurra, sulle prime, Ci sono cose che: ma è un’illusione iniziale che poi lascia spazio a esplosioni elettriche e fulminanti, gridate e stridenti.
Le sensazioni electro/industrial si impossessano della parte introduttiva di Ti prego, che si aggira su macerie fumanti e cavi dell’alta tensione scoperti. Problemi di fede e di fiducia vengono esplorati in modo quasi sadico. Momenti di oblio si consumano nello strumentale di raccordo Non ricordo più.
Giro di chitarra morbido e poi esplosioni per Ante l’evacuazione, altra botta piuttosto potente, che però alterna momenti rumorosi e altri molto sommersi. Tocca poi a Non lo so, già presentata come singolo, particolarmente sensibile nel suo esplorare il mondo della follia, dei dimenticati, di quelli che stanno ai margini e neanche hanno capito bene perché.
Si vibra con Da lontano, che segue percorsi per lo più scuri e sotterranei, con qualche qualità urban e sviluppando una richiesta di dialogo. Il disco si chiude con ambienti ancora più notturni e inquieti, quelli de L’ultimo treno, che arriva piano e da lontano, e conclude il viaggio su binari tutto sommato tranquilli, soprattutto rispetto a quello che l’ha preceduto.
Non sono ragazzini, i Pì Greco, ma l’energia che mettono nel loro disco è quella. Invece i contenuti sono maturi, consapevoli, mirati, sia dal punto di vista sonoro sia da quello testuale. E l’impatto complessivo colpisce in superficie e in profondità alla stessa maniera. Tutto senza suonare mai né fuori posto né fuori tempo. Che non è proprio pochissimo.
Genere musicale: alternative rock, hip hop
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