Piaceri Proletari, “Giungle su Giungle”: la recensione

Giungle su Giungle è il nuovo album dei Piaceri Proletari in uscita il 19 gennaio 2018 su etichetta Manita Dischi. Tra swing, ironia e canzone d’autore, il duo parla di “giungle esistenziali” senza stare mai troppo fermo.

Piaceri Proletari è il nome che Matteo Torretti e Giulio Bracaloni hanno scelto per il loro progetto musicale. Il loro primo e omonimo disco ha visto la collaborazione con il cantautore calabrese Peppe Voltarelli che li ha scelti anche come band di supporto in un recente tour.

Piaceri Proletari traccia per traccia

Vegetali apre le danze fra dissonanze e qualche urlo (ma non è che siamo di fronte a un cantato hardcore, piuttosto da mercato della frutta): il carattere particolare del duo e del disco è già ben presente fin dalle prime battute, con ironia, fiati, swing e movimento.

La title track Giungle su Giungle propone invece un passo rallentato, un’atmosfera decisamente notturna, risonanze jazz. Si passa da echi di Jannacci a idee di Buscaglione, però senza perdere il filo rosso rappresentato dallo stile, del tutto personale, dei Piaceri Proletari.

Anche Dollaro d’argento è debitrice del jazz (e anche un po’ di Gershwin), con la sua apertura moderata di fiati, che presto lascia il passo a un pezzo swing. L’esito è da grande orchestra.

Mass Medium (finalmente qualcuno che conosce il singolare) ha un passo danzante, non in senso techno ma in senso waltzer, con un bel respiro ampio. Più malinconica, per forza di cose, I perdenti, lenta e sommessa.

Tutt’altra strada quella che prende Ombre di Lucio, allegro strumentale con variazioni sul tema. Con Guendalina siamo in campo Buscaglione mani e piedi, benché i riferimenti del testo siano del tutto contemporanei.

Sapori invece piuttosto antichi (Pippo Baudo? La Carlucci?) con Natale alla televisione, anche se si esce dai binari piuttosto in fretta. Si chiude con Magico Ighina, pezzo ipnotico con finale circense/psichedelico.

Bel lavoro quello dei Piaceri Proletari, che non si fanno mai prendere la mano dall’etichetta “swing” e variano il programma di momento in momento, ottenendo un disco estremamente gradevole, ben scritto e ben eseguito.

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