Pier Adduce, “La bottiglia blu”: la recensione
Esce oggi La bottiglia blu, primo album in solo per Pier Adduce, voce, autore dei testi, chitarrista e fondatore dei Guignol. La bottiglia blu rompe – anche se solo temporaneamente – un’inerzia fatta di dischi, tour, suoni, versi e vicende condivise con la sua storica formazione nell’arco di quasi 23 anni – nelle varie e diverse incarnazioni succedutesi nel tempo – pur conservando con essa, in parte, quella continuità narrativa e di attitudine, che caratterizzano da sempre la cifra stilistica dell’autore.
Canzoni scritte e composte da Pier Adduce tra il 2020 e il 2021 ( tranne Additivo). Suonate e arrangiate da Pier Adduce e Giovanni Calella, che ne ha curato anche la produzione, il missaggio e il mastering al Diabolicus Studio, Milano, tra il settembre 2021 e il dicembre 2021.
Tra gli ospiti: Luca Olivieri (piano e mellotron su Se ci manchiamo), Barbara Eramo (voce e armonizzazioni su Se ci manchiamo), Massimiliano Gallo (viola su Rimani tu e Non per amore), Sarah Stride (voce su La bottiglia blu e La scommessa).
Pier Adduce traccia per traccia
Si parte sul folk-blues, con qualche pizzico di psichedelia: armonica a bocca e soprattutto voce su passo cadenzato in Rimani tu, che apre il disco con calma e suggestione.
Molto più drammatiche le dinamiche de La bottiglia blu, title track che consuma i propri riverberi su scenari narrativi taglienti e minacciosi. I cori di Sarah Stride aggiungono un che di spettrale.
Idee malinconiche quelle di Se ci manchiamo, storie di amicizie e di sesso a pagamento, tutto avvolto da una certa tristezza. Non per amore abbassa i toni ma alza i rimbalzi del drumming, per un’altra storia ricca di sentimento e anche di risentimento.
Si alza il livello del rumore con La Scommessa, che ha di nuovo tamburi potenti, parla di schiavitù e si fa dissonante e ambigua. Un po’ più svelta la Canzone del teppista, sfrontata per indole e argomento, con la chitarra elettrica a fornire sostegno.
Toni e volumi molto bassi sulle prime per Carta Moschicida, che ha un’ambientazione western come quasi tutto il disco, con contrasti, salite e discese improvvise.
Sa quasi di spiritual Fino in cima, con i suoi battiti lenti e i suoi pesi trascinati, verso una condanna probabilmente eterna, tipo Sisifo. Si chiude con Additivo, blues solo chitarra e voce, a regalare una nota acida prima di uscire.
Un esordio solista rallentato (per i tempi) e “americano” per Pier Adduce, che cambia le atmosfere rispetto alla produzione con la band ma mantiene la sostanza di chi sa come scrivere canzoni e raccontare storie piene di significato.