Pierpaolo Capovilla e i Cattivi Maestri @La Claque - il Report

Armonioso e scomposto allo stesso tempo, quello che abbiamo visto salire sul palco della Claque di Genova venerdì 27 gennaio è stato un Pierpaolo Capovilla in forma, nonostante tutto e tutti.
Dopo la storica collaborazione con Il Teatro degli Orrori, sono i Cattivi Maestri la nuova formazione che accompagna l’artista di Varese, composta da nomi che hanno segnato la storia del rock indipendente: Egle Sommacal (Massimo Volume), Fabrizio Baioni (LEDA) e Federico Aggio (Lucertulas). Un album già pubblicato che si intitola come i musicisti che lo hanno creato, un tour che porta in giro suoni e vibrazioni importanti, sia per le tematiche affrontate sia per l’energia che lo contraddistingue.

Sociale, resistente, a tratti anarchico, continua l’attitudine che i più fedeli riconoscono anche in questa nuova formazione, con riferimenti alle tematiche sociali che da sempre sono care a Capovilla: dallo sbarco di migranti a bordo della nave di Medici Senza Frontiere in corso in queste ore al porto di La Spezia, alla memoria dei partigiani, ai caduti sul lavoro che vengono chiamati, inspiegabilmente, morti bianche.

Un ingresso in scena quasi in trance, come se la visione fosse più forte del pubblico in attesa, come se la realtà non riuscisse minimamente a scalfire l’universo di pensieri e di paranoie dell’uomo, indipendente ante litteram, che ha messo la coscienza sempre in prima linea, prima ancora di farsi portavoce del rock.

La scaletta del concerto di Pierpaolo Capovilla e i Cattivi Maestri vede susseguirsi tutte le dieci tracce dell’album, compreso un omaggio ai CCCP con la loro Socialismo e Barbarie. In chiusura Giancarlo, dedica – denuncia che riesce a catturare l’attenzione del pubblico tra silenzi e sgomento, facendo in qualche modo sentire il peso della responsabilità della nostra troppo spesso presente indifferenza.

I concerti si fanno insieme: per la gente e con la gente, afferma Capovilla poco prima di congedarsi e di ringraziare, lasciando elementi per riflettere su quella che sarebbe un’ottima ricetta per un intero mondo, non solo per la musica dal vivo.