Pierpaolo Lauriola: una dose di stupore
Qualche mese dopo l’uscita del suo ultimo album, il cantautore Pierpaolo Lauriola si trova di fronte a un’avventura importante e in qualche modo anche inaspettata: in uno dei teatri più celebri d’Italia, l’Ariston di Sanremo, ad affrontare le finali di Sanremo Rock & Trend. Gli abbiamo rivolto qualche domanda per approfondire la sua esperienza.
Ciao Pierpaolo, ci ritroviamo poco tempo dopo l’uscita di Canzoni scritte sui muri: se guardi al disco, qual è il giudizio che ti viene in mente ora?
Sono passi diversi anni ormai da quando queste canzoni si sono materializzate nella mia mente e oggi sono diventate di tutti. Credo si portino dietro ancora una dose di stupore. Mi ricordo una chiacchierata che ho avuto diversi anni fa con un direttore d’orchestra al quale chiesi se anche lui scrivesse musica sua. Rispose, come fai a scrivere qualcosa di tuo, dopo che hai diretto Concerto n. 1 in mi bemolle magg. S.124 per pianoforte e orchestra di Franz Liszt? Per scrivere ci vuole stupore, se guardi a tutto quello che è stato fatto prima di te rischi che tutto diventi un peso. Penso che Canzoni scritte sui muri riesca ancora a stupirmi, nonostante orma cominci ad avere il suo tempo.
Parliamo di Sanremo. Domanda semplice: che esperienza è?
Quella di Sanremo Rock & Trend è una bella tradizione tra i festival italiani di fine estate. Arrivato alla sua trentaquattresima edizione porta con sé centinaia di artisti sul palco del Teatro Ariston e in alcuni casi diventa un’occasione importante per far ascoltare a un largo pubblico la propria musica in un momento storico in cui tutto sembra andare verso il virtuale, qui si porta in scena una canzone dal vivo.
Sei abitualmente uno a tuo agio con i concorsi oppure preferisci dimensioni più intime?
Preferisco le situazioni più intime perché ti permettono di esprimere sentimenti ed emozioni con molta più precisione. I concorsi sono una vetrina e possono darti qualche link importante. Sicuramente, rispetto a quando ho iniziato la mia storia musicale il mercato discografico è cambiato. Oggi abbiamo una scena indipendente che si presenta più polverizzata rispetto al passato, quando esisteva un’intera generazione di musicisti con obiettivi e stili affini.
Hai scelto la title track dell’album per il palco dell’Ariston, benché non sia proprio una canzone “pop”: ci spieghi la scelta?
Questa canzone l’ho scritta pensando a tutti quelli che cercano una strada differente rispetto a una condizione imposta dal contesto. Per me rappresenta la forza che un uomo può avere nei momenti difficili e la grinta che gli permette di reagire per riprendere la sua vita in mano. Risulta impossibile fuggire da ciò che siamo stati, dalle impronte che la vita ha lasciato su di noi. Tuttavia, emanciparsi dal passato è fondamentale per andare avanti e, come diceva Shakespeare “Il passato è prologo”.
E ci dici che effetto fa “ascoltarla” mentre rimbalza sulle assi di un “tempio” come l’Ariston?
Emozionante. Chiudere gli occhi, iniziare a cantare e sentirsi dentro come a un enorme polmone per tirare fuori tutta l’aria respirata in anni di attesa.
Da quello che hai sentito come ti sembrano i colleghi di questa edizione?
Ci sono tantissimi musicisti eccezionali. Credo sia in fondo un festival eclettico, con attitudini “rock” dove trovano spazio anche altri generi musicali, soprattutto nella sezione Trend.
Dopo Sanremo che progetti hai?
Di certo proveremo le canzoni da portare in scena appena sarà possibile. Proveremo a spingere i suoni verso nuovi arrangiamenti e molto dipenderà dalle alchimie che nasceranno in sala prove, che a oggi sembrano ottime.
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