Pietro Berselli era un soggetto individuale: cantautore bresciano, classe 1990, che con voce e chitarra elettrica ha inciso il suo primo ep due anni fa; quattro tracce, intime, sound scarno. Poi ha aggiunto basso, batteria, un’altra chitarra e un sintetizzatore, e Pietro è diventato una band.
L’album Orfeo l’ha fatto apposta, è la sintesi dei due mondi, che si sono incontrati, amalgamati, dando vita a un progetto discografico ambizioso, intelligente, e, per le sensazioni che lascia, sicuramente necessario. I riferimenti, velati, alla mitologia, il continuo ricorso alla metafora, i pezzi recitati, delineano una personalità complessa e spontanea, che non vuole sembrare impegnata, perché, semplicemente, lo è. E forse è proprio per questo che non risulta forzata. Le atmosfere create, di un post-rock un po’ cupo, talvolta, vibrante, spesso, e comunque emotivamente impattante, sempre, rendono questo lavoro un esempio di come la maturità artistica non debba per forza coincidere con l’esperienza.
Pietro Berselli traccia per traccia
Niobe è una promessa nobile a chi si mette all’ascolto. La prima traccia è anche il primo singolo estratto, l’antipasto che preannuncia il gusto dei successivi pezzi. Un testo importante, accompagnato da chitarre vibranti, e da una voce riconoscibile, in una atmosfera alla Marlene Kuntz.
La seconda traccia è recitata, raccontata, dapprima sulle note di una chitarra non troppo invadente, che, in un crescendo di basso e batteria, e di pathos del racconto, racconta di solitudine, di realismo crudo, che tenta di guidare l’ascoltatore nel Diluire il dispiacere nell’aspettativa. Debole (senza regole), si veste di un nuovo arrangiamento rispetto alla prima versione, con bei vibrati di chitarre e un finale intenso, pur senza snaturare il pezzo.
In Brindisi la chitarra elettrica rimane protagonista dall’inizio del brano alla fine, facendosi strada in mezzo al turbinio di sensazioni, tra rime e pensieri nascosti, tra mostri che generano delusioni e incomprensioni e biccheri bevuti alla faccia della rassegnazione. Sintetizzatore, di nome e di fatto, un pezzo strumentale in chiave elettronica, sapientemente equilibrato per non risultare troppo freddo, fino all’espolosione finale. In diretta è il secondo esperimento di testo recitato, perfettamente riuscito dall’intensità di Berselli, che risulta credibile anche in questa veste, nonostante (e, opinione personale, soprattutto grazie a) l’accento marcato.
Riverberi. Se hai coraggio, voltati. Altri riverberi. Emotivamente, Cordiali saluti è la traccia più impattante. Orfeo non viene mai nominato, ma evocato, nella scelta accurata delle parole. Mediterraneo di notte, è divagazione, elettronica e strumentale, in mezzo alle onde, senza voce, un tentativo di intervallare, senza dare modo di uscire completamente dal mood.
Quanti anni hai, è il tentativo di andare oltre allo solite domande, al nulla contenuto nei vortici delle parole. La sensazione, qui, è nuovamente di essere al cospetto di un giovane Cristiano Godano. Leggero è nuovamente un intervallo musicale, squisitamente elettrico ed elettronico. Curioso che queste ultime due tracce portino i titoli di altrettanti pezzi dei due rocker italiani più noti, Vasco e Ligabue, mondi così lontani da Berselli da far pensare ad una semplice casualità.
Il compito di chiudere l’album spetta a L’eterno ritorno dei cani, un’agonia di metafore, che coinvolge non solo l’udito, ma anche la vista, proiettando su di uno schermo immaginario le scene di sangue e dolore raccontate, con un ritmo scandito dal battere di un cuore terrorizzato.
Il fatto che Orfeo l’ha fatto apposta sia un album maturo, intelligente, suonato e arrangiato da mani esperte e animi nobili, non può che essere la diretta conseguenza della sostanza di Pietro Berselli. Nonostante sia necessario un ascolto attento, un ragionamento costante, un coinvolgimento quasi fisico, la voglia di rimetterlo da capo, una volta finito, è innegabile. Ed è la dimostrazione che il dolore, la riflessione, la delusione, possano anche dar vita a un processo creativo brillante.
Chiara Orsetti