Pino Daniele: basta ‘na jurnata e sole #sottotraccia

Come da tradizione (recente) dedichiamo agosto alla lettura: per il 2024 abbiamo deciso di ripubblicare una serie di pagine tratte dal volume “Italia d’autore” (Arcana, 2019), dedicato ai grandi cantautori che hanno fatto la storia della musica italiana

Pino Daniele nasce a Napoli il 19 marzo 1955: non dovrebbe fare il musicista, in teoria, perché si diploma in ragioneria. Ma sarebbe un notevole spreco: dopo qualche esperienza con gruppi locali, nel 1976 entra nei Napoli Centrale, un’istituzione blues che conta fra i propri membri James Senese. Daniele nel gruppo suona il basso, ma per conto proprio realizza provini che finiscono al produttore Claudio Poggi e alla EMI.

Incide il primo 45 giri, Che calore ed è il preludio al primo album, Terra mia, del 1977. Il disco comprende tredici brani e si apre con Napule è, scritta a diciotto anni: forse il testo poetico più riuscito di tutta la carriera del cantautore napoletano. La seconda canzone del disco è Na tazzulella ’e cafè, che Renzo Arbore nota e trasmetterà spesso all’interno di Alto gradimento.

La buona accoglienza per il primo disco fa da apripista per il secondo, più meditato ma non per questo meno incisivo: Pino Daniele del 1979 comprende Basta na jurnata ’e sole, Donna Cuncetta e Je so’ pazzo, con James Senese al sax. Questione di pochi mesi ed esce Nero a metà: l’album, che prende il titolo dalla dedica alla memoria dell’amico e collega Mario Musella, è una conferma.

Si apre con la melodia morbida e indolente di I say i’ sto ccà, e comprende A me me piace ’o blues, Nun me scoccià e Quanno chiove, che diventerà un altro notevole classico. La miscela è già a buon punto: sotto il profilo musicale si passa dal blues puro a territori più etnici, con insistenze sulle percussioni che guardano al lato meridionale del Mediterraneo.

Da Bob Marley a Massimo Troisi

Nel 1980 ha anche la soddisfazione di aprire il famoso concerto milanese di Bob Marley. I dischi di Pino iniziano a essere una sorta di palestra per i migliori talenti della scena napoletana: se su Nero a metà appare Enzo Avitabile, sul successivo Vai mò del 1981, oltre a Senese, compaiono Tullio De Piscopo e Tony Esposito. A proposito di collaborazioni: inizia con il 1981 e con Ricomincio da tre l’affiancamento per le colonne sonore ai film di Massimo Troisi e in seguito anche di altri registi, come Vincenzo Salemme e John Turturro.

Se anche Vai mò porta in dote una canzone di valore assoluto, come Yes I know my way, Bella ’mbriana del 1982 si muove su toni complessivamente più morbidi, come quelli di Annarè. Daniele inizia a guardare fuori dai confini italiani per reclutare collaboratori di livello: ne trova due d’eccezione nel campo del jazz, gli ex Weather Report Wayne Shorter (sax) e Alphonso Johnson (basso). Il 1984 è l’anno di Musicante, con Keep on movin’, ma anche di Sciò live, primo album dal vivo.

Nel 1985 esce Ferryboat, mentre è del 1987 Bonne soirée, che di nuovo si affaccia oltre i confini italiani sia per i collaboratori, come Pino Palladino, Jerry Marotta, Mel Collins, sia per le atmosfere, che ormai pescano a piene mani nella world music, anticipando di qualche anno la moda che esploderà anche in Italia. E’ del 1988 esce Schizzechea with love, mentre l’anno successivo Daniele è in tour con i concerti Night of the guitar, con altri noti virtuosi dello strumento, e soprattutto vede la pubblicazione di Mascalzone latino, che si apre con Anna verrà e che rimane tra i preferiti del cantautore.

Nel 1991 è la volta di un uomo in blues, autoprodotto e di notevole successo, in particolare grazie al singolo ’O scarrafone. Nel 1992, trainata anche dal film di Troisi Pensavo fosse amore e invece era un calesse, fa registrare una grande affermazione Quando, compresa nel disco Sotto ’o sole. È forse proprio questo risultato, ottenuto con una canzone pop tutto sommato normale, cantata in italiano, molto morbida e piacevole, a suggerire al cantautore di smussare qualche spigolo.

Trionfi più pop

Il tutto risulterà particolarmente evidente nel seguente album Che dio ti benedica, che si apre con il movimentato singolo omonimo, un altro trionfo, e che comprende ballate e variazioni su temi blues di genere sparso, con il contributo non secondario di Chick Corea. È così soltanto una sorpresa parziale la svolta che si consuma definitivamente con Non calpestare i fiori nel deserto, grande successo e Targa Tenco al miglior album del 1995, che di nuovo porta in evidenza fortune commerciali come Io per lei, il duetto con Irene Grandi Se mi vuoi oppure i dialoghi con Jovanotti in Un deserto di parole e Stress.

Certo i fan della prima ora non sono contenti (ma i fan della prima ora, di solito, sono contenti soltanto durante la prima ora, e a volte nemmeno allora). Daniele prosegue sulla propria strada, che prevede di mettere a disposizione il suo talento vocale e chitarristico in canzoni magari non sempre indimenticabili, ma certo di successo, condendo il tutto con atmosfere che accennano spesso ad altri continenti.

È così anche in Dimmi cosa succede sulla terra, del 1997, con duetti con Giorgia e Noa. A fare notizia, da qui in avanti, sono anche alcune tournée di gruppo con cui percorre l’Italia: nel 2002 c’è quella con Fiorella Mannoia, Francesco De Gregori e Ron, mentre nel 2008 si riunisce per una data sola con i vecchi amici De Piscopo, Senese, Esposito, Amoruso e Zurzolo, il che porterà alla realizzazione di un triplo cd.

Altri duetti

Minor favore di pubblico lo riscontra un duetto con Gigi D’Alessio, che cerca di accostare due mondi forse non proprio vicinissimi. Lo spirito della collaborazione però pervade anche gli ultimi lavori: ora che è diventato maestro, Daniele continua a ospitare nelle proprie opere colleghi più giovani, pur non disdegnando di duettare con pari grado come Battiato o Mina, oppure di esibirsi in concerto con artisti epocali come Eric Clapton, come successo nel 2011 a Cava De’ Tirreni.

Nel 2014 aderisce alla moda internazionale del momento e reinterpreta dal vivo per intero Nero a metà, il disco del 1980, all’Arena di Verona. Difficile contenere la personalità di Pino Daniele, cantante, autore, chitarrista ma soprattutto simbolo della creatività di una città intera, senza voler scadere nella retorica, in poche pagine.

Di certo va sottolineato come sia riuscito a farsi apprezzare anche a livello internazionale, senza mai rinunciare alle proprie radici e al proprio modo di essere. La morte è arrivata presto anche per lui: il cuore, sofferente da tempo, cessa di battere il 4 gennaio 2015. La morte ha l’unico piccolo vantaggio di riaccendere la luce su una carriera condotta sempre al limite tra i generi, tra italiano e napoletano, successo e voglia di chiudersi in una stanza, suonare la chitarra e basta.