Pipers, un approccio naturale e spontaneo
I Pipers hanno pubblicato il proprio terzo disco, Alternaïf, influenzato dal cantautorato folk pop e ricco di dieci tracce ben scritte e ben suonate. Li abbiamo intervistati.
Qual è stato il processo di lavorazione alle spalle di questo nuovo e terzo disco? Potete spiegare il titolo?
Alternaïf è il frutto di un processo di scrittura e produzione artistica che si è volutamente mantenuto onesto e in un certo senso ingenuo. Un approccio naturale e spontaneo che è qualcosa che forse manca un po’ in questo momento e che quindi abbiamo pensato potesse diventare una reale alternativa. Da qui il gioco di parole del titolo.
Questa volta avete scelto di produrre e mixare il disco in totale autonomia. Come nasce questa scelta?
Volevamo la calma necessaria per fare le cose con i nostri tempi e soprattutto alla terza prova ci sentivamo abbastanza maturi per poterci indirizzare da soli verso quello che avevamo in testa.
Mi sembra ci sia un aumentato interesse (o nuovo interesse) per il folk di marca angloamericana nella musica italiana. Voi che lo suonate da tempo, che giudizio avete di questa riscoperta?
Non suoniamo folk ma partiamo da lì. Il folk è altro ma nel nostro caso esiste una componente nella scrittura molto legata al genere e che si sporca spesso con una certa vena pop. Non ci sentiamo una band folk ma semplicemente una band che scrive canzoni oneste. Le riscoperte avvengono a cadenze regolari in tutti i campi dell’arte e anche della vita: in questo caso sono probabilmente realtà come Bon Iver o i Mumford che diversi anni fa hanno posto un nuovo standard da cui farsi influenzare.
Come nasce “Follow the Flow”?
Il pezzo nasce dalla consapevolezza acquisita che non sempre ha senso programmare la vita. A volte il senso sta nel percorso e non nella destinazione per cui l’invito a seguire il flusso ci è sembrato qualcosa di sensato da mettere in musica. Esisteva dal 2013 già con quel riff assassino di mandolino.
Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?
È molto semplice: due chitarre acustiche, un basso, qualche batteria e tante tastiere. Un violino ha inoltre ricamato una buona metà del disco. Se una canzone è buona non c’è bisogno di tanti orpelli no?
Potete descrivere i vostri concerti?
Siamo in tour da novembre e lo saremo probabilmente fino a maggio. La tipologia di concerto è varia perché ufficialmente siamo in due ma in diverse date ci presentiamo con una sezione ritmica e non ti nascondo che in alcune tappe giro anche da solo con voce, chitarre, armonica e tanto storytelling.
Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?
Seguo poco la scena italiana. Direi Old Fashioned Lover Boy, Pocket Chestnut, The Leading Guy. Sono tutti progetti che trasudano sangue, passione e km macinati.
Potete indicare tre brani, italiani o stranieri, che vi hanno influenzato particolarmente?
Say It To Me Now di Glen Hansard, Slow Cruel Hands Of Time dei Band Of Horses e Come Pick Me Up di Ryan Adams.