Nascondendosi dietro al moniker Porcelain Raft, Mauro Remiddi pubblica Microclimate. Il nuovo album è nato da una serie di viaggi in località esotiche, – Barbados, Bali, e Big Sur in California – tutti posti peculiari per un italiano cresciuto a Roma e che ha vissuto a Londra, New York e ora Los Angeles.
“Ho sempre vissuto in città dove tutto viene creato dagli umani per isolarsi e allontanarsi dalla natura; una cosa pericolosa,” egli dice. “La sensazione che ho provato nelle Barbados, in alcune parti di Bali e a Big Sur quando ho visitato quei luoghi è di appartenenza. Per la prima volta a 44 anni mi sentivo come se fossi parte di essi. Dopo aver sempre guardato alla natura con un certo distacco, stavo finalmente connettendomi a essa.
Porcelain Raft traccia per traccia
Il disco parte con la breve The Earth Before Us, introduzione moderata e minimal che lascia spazio a una più cosmica Distant Shore, che apre spazi pop in un brano che propone psichedelia a molti strati. Big Sur recupera un sapore parzialmente acustico, aggiungendo una certa aura di malinconia languida.
Rolling Over si sviluppa su una base ritmica insistita e continua, che contrasta con il cantato sempre morbido e con il pianoforte che cerca di ammorbidire i toni. Ecco poi la più soft Rising, che cerca di esplorare confini più intimi. Ma il pezzo sboccia piano piano aprendo a sonorità più allargate.
Anche Kookaburra oppone una superficie molto morbida con una ritmica in crescendo e dai colpi piuttosto secchi, portando alla mente certi episodi del britpop più sognante (Suede) oltre che ovviamente la stagione del dream pop. The Greatest View si dirige verso mete altrettanto pop.
Bring me to the River aumenta il passo senza attuare sconvolgimenti. Accelerating Curve al contrario adotta una via alta, soprattutto nel cantato, accompagnandola con curiosi discorsi sonori, psichedelici e dissonanti, per uno dei pezzi più stranianti dell’album. Si torna a momenti di maggiore tranquillità con The Poets were Right.
Zero Frame Per Second ingaggia una battaglia di suoni elettronici che lascia poi spazio alla voce, in grado da sola di ricostruire un’area di comfort triste ma morbida. A Fever That I Know chiude in modo più ritmato, coniugando songwriting indipendente con sonorità di gusto electro.
Disco coerente e omogeneo, quello di Porcelain Raft/Mauro Remiddi. Le tracce selezionate avvolgono l’ascoltatore in abbracci sonori confortanti, a volte consolatori, in una sorta di empatia musicale di spessore ma anche molto gradevole.