Copertina_Cecco e Cipo FlopQuando li abbiamo intervistati per la prima volta (puoi leggere l’intervista qui) onestamente non sapevamo di avere di fronte delle future star di YouTube. Ma dopo la loro esibizione a X Factor, Cecco e Cipo hanno conquistato folle oceaniche, giocandosi con abilità l’occasione di esibirsi su Vacca Boia.

Ora il duo toscano ritorna in scena con un disco nuovo, intitolato programmaticamente Flop, e corredato da copertina esplicativa, che conferma le linee guida delle produzioni precedenti, senza rinunciare alle architravi del Cecco-e-Cipo-pensiero, come la semplicità, l’ironia, qualche pizzico di synth ma anche un po’ di chitarra e molti colori.

Cecco e Cipo traccia per traccia

La prima traccia del disco è Uragano: certo non è propriamente una tempesta sonora, più una canzone gentile e stralunata, in perfetto stile Cecco e Cipo. Si inizia a ballare con Non voglio dire, che chiarisce in modo sorridente ma definitivo una delle verità più squallide dello showbiz.

Amore a strisce mantiene alto il ritmo e le linee molto semplici, quasi elementari, con un testo un po’ a filastrocca. Nostalgia invece abbassa un po’ le luci e parla curiosamente del passato (ma lo sguardo rivolto al passato non è un inedito per la band). Con Cita si torna a modi più ironici (a scrivere la canzone è un gorilla, per dire) mentre dal punto di vista musicale ci si destreggia tra ritmi reggae e citazioni del Dalla di Disperato erotico stomp.

E’ veloce e gentile Ma l’amore che cos’è, mentre è disperatamente vintage Rock’n’roll, che ripercorre i passi dei classici anni Cinquanta, in un pezzo ricco di chitarra e brillantina sui capelli. Io sono incazzato cerca di contraddire l’immagine che il duo ha costruito di sé, ma l’incazzatura non sembra particolarmente credibile.

E le foglie che sorridono pensa piuttosto in grande: si parla di libertà, il sound è piuttosto enfatico, l’incedere della canzone importante, anche perché commissionata tempo fa da una Onlus di assistenza ai disabili. Ma è un episodio: l’alt-pop riprende la scena con Il Centro Commerciale, che tra strofe giocose e ritmi ska cita Ligabue e spacca il pavimento.

Vivere alla meglio racconta una storia di emigrazione, in toni vagamente favolistici ma senza rinunciare a qualche pennellata di realtà. Jazz Club propone ritmi in linea con il titolo del pezzo, mostrando come i due si adattino in modo versatile anche ad atmosfere apparentemente lontane dal solito. Si chiude con Otto e mezzo, titolo felliniano per una ballata molto morbida e sentimentale.

Potevano stravolgere tutto, e invece Cecco e Cipo hanno scelto di rimanere sulle stesse linee del disco precedente, ma anche di regalare qualche piccolo indizio sonoro che può portare in altre direzioni, soprattutto nella seconda parte del disco. Ma è chiaro che la semplicità rimane il faro del duo. E la semplicità, se usata nel modo giusto, è pur sempre una grande virtù.

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