Recensione: Futeisha, “Alegrias y duelos de mi alma”
Ci siamo già occupati in passato di Futeisha/Juan Scassa, chitarra della ben nota Piramide di Sangue e collaboratore per Craxi Driver, Krano, Gianni Giubilena Rosacroce e altri: un paio d’anni fa il chitarrista italo-argentino aveva pubblicato Dannato, di cui puoi leggere la recensione qui.
In questo nuovo album, chiamato Alegrias y duelos de mi alma, Futeisha fonde la tradizione della musica spagnola per chitarra con sezioni ritmiche digitali di stampo tribale, una spoken word solennemente tetra e una manciata di droni e suoni pervasivi e malinconici.
Futeisha traccia per traccia
Il primo brano è Enfer Amusical, in cui ci si cala in una fossa ricca di rumori industrial e noise passando attraverso momenti di clamore notevole. Tutt’altro carattere quello di Notturna, che muove i primi passi da percussioni ragionate, con un leggerissimo discorso di chitarra che si manifesta sullo sfondo, e altre sonorità che si irrobustiscono via via.
La chitarra emerge anche in Nel Roseto, accompagnata da percussioni questa volta molto più minacciose, e da una voce dai toni drammatici. Piuttosto sofferta anche Caminos Sueno, che si accartoccia tra echi e suoni evocativi. La chitarra torna al centro con No Me Dejes Mi Amor, mentre i riferimenti alla tradizione iberica della sei corde sono particolarmente evidenti all’interno di Malegria de Fantasia.
La minacciosa Uccidere l’imperatore segue, dominata per lo più da sonorità noise. A La Puerta del Rio campiona un brano di canto popolare, mentre Me aveleno torna a discorsi di chitarra, intessuti con una certa meticolosità e attenzione. Viaje en la Neblina è un intermezzo costruito quasi a loop, mentre il disco si chiude con Una Fin, che torna a modalità noise, immergendo nel magma anche la chitarra.
Futeisha sceglie una via tortuosa per arrivare alla tradizione chitarristica: il suo lavoro è di notevole interesse sia per l’aspetto di recupero della tradizione, sia perché sceglie di non lasciare che la medesima tradizione rimanga lettera morta. Con il ritmo e le sonorità contemporanee il chitarrista fa molto più che dare una riverniciata a discorsi antichi: infonde una vita del tutto nuova, organizzandola in composizioni spesso molto originali.