Giona VintiUscito come al solito su nastro per Old Bycicle Records, è in giro da qualche tempo Nox/Lux, il nuovo lavoro sperimentale di Giona Vinti. Ex No Human No Cry, Vinti si è presentato in vesti diverse sui palchi italiani, adottando altri nickname e lavorando ora in squadra ora da solo.

Così racconta la genesi di questo nuovo lavoro: “Il lavoro che avete tra le mani nasce da un fortunato incidente: cercando un file importante in un hard disk di backup mi imbatto in un vecchio lavoro, e per vecchio intendo registrato esattamente dieci anni orsono. 
Lo ascolto: incredibilmente l’estetica è molto coerente con il tipo di lavoro in studio e dal vivo che sto perseguendo ora, e infatti quando fu composto mi sembrò parecchio alieno, molto diverso da ciò che facevo in quel momento (…)”.

Il risultato è un flusso di gesti e manipolazioni in tempo reale che suona organico e artificiale al contempo, coniugando droni e ritmiche glitch, parti ostili ed estranianti che cercano una risoluzione contemplativa e placida”

Giona Vinti traccia per traccia

A dire il vero, questo “traccia per traccia” è piuttosto semplice, visto che si parla di due tracce, una per il lato A, Nox e una per il lato B, Lux. Si parte quindi dalla notte, dalle evoluzioni sotterranee in un mondo fatto di suoni e di risonanze, dal leggero sapore metallico, tranquille sulle prime ma non soporifere.

Fa il suo ingresso poi un piccolo battito contenuto, quasi un raschiare, che fa da apripista a movimenti a volute più ampie, a suoni di synth più fantascientifici e ad altri più terreni, come delle campane, prima lineari e poi inghiottite in un groviglio di sonorità disparate. Qui emergono le modalità drone e glitch di cui racconta Vinti nel presentare il disco, in un guizzare rumoristico e leggermente inquietante.

Tornano le campane, dopo un’introduzione morbida ma non tranquilla, in Lux, la seconda parte del lavoro. Presto lo scenario cambia, con l’emergere di realtà nuove. In particolare emerge una melodia di synth, “disturbata” da fenomeni atmosferici (o simili). Poi tornano ancora le campane, che punteggiano il lavoro come un leit motiv, prima di un finale prima ritmato e poi cosmico.

Un lavoro complesso ma non troppo intricato né oscuro, quello di Giona Vinti. Ci sono tratti palesemente “visivi” che si situano accanto a estratti più involuti, ma la materia viva in cui incide risulta ben misurata e anche di piacevole ascolto.

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