Goodbye Horses è un progetto solista di Mirco Chiavelli, (ex Sex Offenders Seek Salvation, Maybe Happy). Tra vecchie drum machine e Korg e  con la produzione artistica di rifinitura del mantovano Luciano Ermondi (Templehof).

Pare che il terremoto che ha colpito l’Emilia abbia avuto una parte nella composizione delle canzoni finite su Unwanted, figlie però anche di sonorità indie, elettroniche, dance e di sapienti mescolanze. Tra le collaborazioni all’album va citata quella con gli Any Other, che appaiono nella title track.

Goodbye Horses traccia per traccia

Si apre con un sound che può evocare i Depeche Mode anni ’90 in The Thing We’ve Never Shared, che vede la collaborazione di Bob Corn. Le percussioni sintetiche si rendono piuttosto evidenti, a diseminare di chiodi il percorso piuttosto vellutato della canzone.

Amazing, con Tempelhof, si dedica a sonorità da spazi più ampi, ma anche qui le ritmiche sono piuttosto marcate e appuntite. Helonite si configura in modalità tutto sommato più minimaliste, anche se nel pezzo appaiono archi campionati e altre sonorità sparse.

La voce di Adele Nigro degli Any Other fa capolino, come detto, nella title track, Unwanted, che si costruisce piano piano su suoni curiosi e un tappeto di campionamenti che soltanto in un secondo tempo utilizzano percussioni continue e marcate.

Un’atmosfera non indegna dell’Alan Parsons Project accoglie invece l’ascoltatore tra le porte di Surgery is not that bad, claustrofobica e minacciosa. La claustrofobia termina nella seconda parte di questo pezzo per lo più strumentale, ma si scatena una battaglia elettronica più aperta e non meno minacciosa.

Tutt’altre idee quelle di Don’t Forget Me, chitarra e voce (con echi) come un vecchio pezzo a base folk, capace di sorprendere l’ascoltatore. Si chiude su toni ancora morbidi, quelli di Foster, che però dopo un incipit appena accennato cresce, ma senza lasciarsi prendere troppo la mano.

Ricco di buone sorprese, il disco di Goodbaye Horses appare in tutta la propria varietà, costellato di buone invenzioni e mai uguale a se stesso. Forse da limare un po’ le percussioni e da registrare (in basso) il volume della drum machine in qualche pezzo. Comunque un’ottima scoperta.

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